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INTERVISTA | Settimio Benedusi, sono le immagini che si scelgono da sole

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Definire Settimio Benedusi un fotografo di moda sarebbe troppo riduttivo. Cerchiamo di conoscerlo meglio in questa intervista.
© Settimio Benedusi
A che età ti sei avvicinato alla fotografia?
Mi sono avvicinato alla fotografia a 12 anni.

Sei un’autodidatta oppure hai frequentato delle scuole, o seguito dei corsi?
Sono un autodidatta.

Il primo servizio importante che hai fatto?
Il primo che ho fatto a 12 anni! In fondo poi ho fatto sempre la stessa foto: noi siamo la nostra storia.
© Settimio Benedusi
Che rapporto hai con i tuoi modelli? Decidete insieme le pose o sei tu che li guidi?
I miei modelli possono fare tutto ciò che vogliono, dato che fanno sempre ciò che voglio io.

E per la scelta finale degli scatti? Li selezioni anche in base al gusto dei modelli o è una scelta prettamente personale?
Io non scelgo nulla, tanto meno i modelli: sono le immagini che si scelgono da sole.

Il servizio fotografico al quale sei più legato?
Quando fotografo il mare con il mio Iphone.
© Settimio Benedusi
In base a cosa scegli il luogo dove scattare?
In base alla storia che voglio e debbo raccontare. Io non scelgo nulla, è il luogo che sceglie me.

La situazione più particolare nella quale ti sei trovato a lavorare?
Tutte le situazioni sono particolari ed uniche, perché in tutte le situazioni scavo nella situazione più particolare ed unica di tutte: l'animo umano.

Tu hai lavorato con molte persone dello spettacolo, ricordi qualcuno che ti ha colpito particolarmente rispetto ad altri, magari per la sua simpatia o per la sua personalità?
Ho ottimi ricordi di tutti e tutte, perché ho portato tutti e tutte a fare un percorso insieme che ha inevitabilmente dato qualcosa.
© Settimio Benedusi
Hai mai rifiutato un lavoro che ti era stato commissionato? Se si, come mai?
Sì, mi capita spesso: quando so che il risultato non mi rappresenterà.

C’è uno stile di fotografia che preferisci particolarmente?
Lo stile della verità.

Un luogo dove ti senti particolarmente ispirato o che ti rilassa?
Il mare.
© Settimio Benedusi
Hai sperimentato nuove tecniche di fotografia che senti di condividere con chi ha la tua stessa passione?
Iphone.

A cosa t’ispiri per la realizzazione di un servizio fotografico?
Alla mia vita e alla mia cultura. Alle centinaia di libri/mostre/film visti e letti: senza essi non sarei nulla.

Hai un obiettivo al quale non sai rinunciare? Diciamo quello che porti sempre con te.
Il 50 mm. La normalità. La verità.
© Settimio Benedusi
Se dovessi descrivere la fotografia in una parola, quale sceglieresti?
Raccontare l'impalpabile (la mente) attraverso la concretezza (la realtà): due entità opposte magicamente riunite in un medesimo medium.

Dove e come ti vedi tra qualche anno? Ti sei prefissato un obiettivo da raggiungere?
Continuare come adesso per sempre sarebbe fantastico: il mio sogno è la mia realtà.

Un consiglio che ti senti di dare a tutti quelli che sognano di diventare fotografi professionisti?
Non guardate la televisione e leggete tanti libri.
© Settimio Benedusi
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Stefania Belsito   

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RIUSO | Senzapiombo, dalle due ruote all'architettura e viceversa

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Senzapiombo, è questo il nome che i due architetti, Raffaello Buccheri e Marco Tripi, hanno scelto per il loro originale e insolito progetto. L'idea è stata geniale, trasferire le proprie conoscenze nel campo dell'architettura al mondo delle bici mantenendo come principio di base il riuso. Architetti siciliani, catanesi per la precisione, che hanno deciso di dedicare una parte del proprio tempo a un'attività molto particolare: il recupero delle biciclette.
Senzapiombo 01 - foto di Salvatore Ferrara
Senzapiombo è una riflessione sulle biciclette, sul mondo delle due ruote a propulsione umana, che non è difficile da immaginare come una possibile applicazione in altre discipline, in primis proprio quella dell'architettura.
Senzapiombo 02 - foto di Salvatore Ferrara
Recuperare, smontare, sgrassare, lubrificare, lucidare, calibrare, comporre, confrontare, innestare, testare, progettare, selezionare solo i pezzi migliori. Questi gli obiettivi di questa insolita officina. 
Avete presente quelle biciclette da corsa obsolete, i telai solitari parcheggiati e dimenticati da un’innovazione industriale che programma l’obsolescenza in tempi sempre più brevi?
I creativi di Senzapiombo si impegnano nel cercare le combinazioni più adatte per riabilitare i pezzi ritrovati negli archivi del rigattiere e riproporli nella meccanica di una nuova due ruote.
Senzapiombo 03 - foto di Senzapiombo
Senzapiombo è il concetto della «parola stessa “bicicletta” che ad analizzarla bene contiene nella sua struttura la parola “ciclo”, processo sostenibile che ritorna periodicamente al punto d’inizio invece di dispiegarsi linearmente nel processo segmentato dall’usa e getta».
Senzapiombo è il «risultato di innesti imprevedibili ed irripetibili».
Senzapiombo 04 - foto di Francesco Trovato
Senzapiombo 05 - foto di Senzapiombo
Le Senzapiombo, come i progetti di architettura, sono pezzi unici ed irripetibili, poiché nascono di volta in volta da contingenze sempre diverse.
Queste le parole di Raffaello: 
L'idea non è stata tanto quella di fare biciclette "fighe, o alla moda" (vd. l'ormai sconfinato mondo delle fixed...), ma quello di applicare l'affascinante pratica del riuso (non del riciclo) ad un oggetto mai stato così attuale: la bici. Come saprai la bicicletta, in questo momento, è una sorta di simbolo della sostenibilità; un simbolo condiviso da tutti, anche da chi non la usa. C'è da dire che alle nostre latitudini non è un'affermazione facile. La totale assenza di spazi ciclabili e la grande densità di traffico carrabile, per non parlare dei forti dislivelli, rendono questo tipo di mobilità un'impresa anche per gli esperti. In questo senso è veramente complicato diffondere questo messaggio di sostenibilità. Al contempo è più facile diffondere il messaggio della sostenibilità che c'è dietro al riuso, che cerchiamo di applicare in maniera ossessiva su ogni parte della bici. Riuso ma anche piccolo artigianato e self-made. Spesso lavorando alle bici ci piace coinvolgere maestranze locali. La pratica del riuso che stiamo applicando alla bicicletta, potrebbe essere applicata anche ad altre discipline, prima fra tutti l'architettura. Ci comportiamo con le bici allo stesso modo con cui ragioniamo ad un progetto di architettura. Fare bici è, per noi, un vero e proprio progetto di architettura. Committente, vincoli economici, selezione del materiale più adeguato, senso dello spazio e della proporzione.
Senzapiombo 01 - work in progress
Senzapiombo 01 - work in progress
Adesso che il progetto è stato spiegato in maniera chiara ed esauriente non resta che passare alle fasi esecutive per realizzarlo.
  • Si inizia con un grosso lavoro di ricerca locale per reperire tutto quello che è abbandonato, dimenticato e apparentemente non più privo di vita. Giriamo rigattieri, cantine, mercatini dell'usato, e invitiamo i nostri conoscenti a reperire carcasse e/o pezzi di bici in oblio nei loro garage. L'augurio è che vengano a trovarci persone con le loro bici dall'aspetto inutilizzabile a chiederci di rimetterle in vita, piuttosto che spendere gli stessi soldi per comprarne una nuova.
  • Fotografiamo e documentiamo i "ritrovamenti", iniziando a fare una prima selezione. Buttiamo molto poco, perché le bici sono tutta meccanica e a volte basta cambiare una molla o un paio di viti per riavere il pezzo come nuovo. Quello che non è utilizzabile viene ulteriormente smontato facendo un'ulteriore selezione. Di ogni bici cerchiamo di riutilizzare quanti più pezzi possibile, non per ridare lo stesso aspetto di prima alla bici, ma perché i pezzi di una bici è come se già si conoscessero. A volte gli facciamo fare nuove amicizie! 
  • Senzapiombo 03 - work in progress
  • Progettiamo la bici. Studiamo che taglio deve avere in base ai ritrovamenti e al committente. Cerchiamo di partire dal reale, non compriamo tutti i pezzi necessari e li assembliamo. Quando facciamo un progetto di architettura partiamo sempre dai vincoli, mai dal foglio bianco. Crediamo fermamente che solo dai vincoli e dalle limitazioni possano nascere idee veramente risolutive. 
  • Progettiamo la bici. Studiamo che taglio deve avere in base ai ritrovamenti e al committente. Cerchiamo di partire dal reale, non compriamo tutti i pezzi necessari e li assembliamo. Quando facciamo un progetto di architettura partiamo sempre dai vincoli, mai dal foglio bianco. Crediamo fermamente che solo dai vincoli e dalle limitazioni possano nascere idee veramente risolutive.
  • Senzapiombo 03 - work in progress
    Senzapiombo 04 - work in progress
  • Si fanno le fotografie. Anche queste seguono un progetto. Ogni senzapiombo è fotografata da un fotografo diverso, in maniera tale da farne uscire aspetti sempre diversi. Insieme al fotografo scegliamo delle location che rispecchino sia la senzapiombo in questione, che l'idea di tutto il progetto. Le foto dovrebbero quindi rappresentare un'ulteriore esplorazione delle nostre città e del nostro territorio. Sono generalmente spazi di risulta, abbandonati, sottoutilizzati o spazi utilizzati ma non al massimo delle loro potenzialità. A questo proposito pensiamo di realizzare una mappa con le location dei servizi fotografici per rendere questi posti raggiungibili agli interessati. La fotografia diventa quindi il "primo atto" di riabilitazione delle location scelte.
  • Senzapiombo 05 - work in progress
    Tutte le creazioni della ciclofficina Senzapiombo nascono in un anonimo appartamento di Siracusa. 
    Di seguito tutti i riferimenti per chi vuole saperne di più.

    Link di riferimento
    Roberto Arleo
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    FASHION | Atelier Nayra Laise Collezione SS 2013

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    Il giorno 27 giugno, presso l’Atelier Nayra Laiseè avvenuta la presentazione della nuova collezione Primavera Estate 2013 realizzata dalla stilista brasiliana.
    © Stefania Belsito
    Nayra si definisce una donna romantica e avendo avuto da poco una bambina, anche se guardando l’aspetto fisico non si direbbe, ha pensato: “Perché non unire questi due aspetti di me?”
    Ed è così che è nata questa splendida collezione fatta di colori molto delicati come il rosa antico e dall’uso di materiali preziosi, tipo veli di tulle ricamati, seta pura, cristalli Swaroski, pizzo e da ciò che da sempre la contraddistingue, ovvero fiocchi e perle. Il tutto è realizzato rigorosamente a mano grazie all’aiuto delle sue fidate sarte italiane custodi di quell’antica tradizione famosa in tutto il mondo con il nome di “Made in Italy”.
    © Stefania Belsito
    Purtroppo il Made in Italy in questo periodo di crisi non è valorizzato, sta quasi scomparendo e Nayra ha avuto davvero un grande coraggio perché, nonostante tutto è riuscita a portare avanti una collezione con materiali di altissimo livello.
    Entrando in Atelier venivi sommerso da un ambiente pieno di dolcezza e magia, come se stessimo realmente all’interno di una fiaba, provando probabilmente le stesse emozioni che provò Alice nel Paese delle meraviglie.
    Per l’occasione, Nayra ha anche realizzato un abito interamente di carta sul quale l’artista, Roberto Di Costanzo, ha disegnato con china un tipo di pizzo presente in una delle collezioni della stilista.
    Nayra ha ringraziato l’artista per la sua collaborazione, nonostante i suoi numerosi impegni lavorativi.
    © Stefania Belsito

    Atelier Nayra Laise
    Dott.ssa Silvia Vecciarelli
    Responsabile Relazioni Esterne
    Via di Ripetta, 142
    00186 - Roma
    Cell. 3931826757
    nayralaise@alice.it
    Pagina Facebook

    Stefania Belsito   

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    DESIGN | Appendiabiti Song by Lievore Altherr Molina per Arper

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    Non emette musica, ma i vari moduli di otto bracci richiamano proprio le note che si potrebbero trovare in un pentagramma. 

    Songè un attaccapanni dove ogni singola "nota" può ruotare indipendentemente creando composizioni dinamiche e personalizzate in base agli oggetti o agli indumenti che sosterrà.
    È in produzione da Arper e si può avere nel proprio ingresso di casa per circa 300 euro. 
    State già pensando alla musica da comporre?

    Link di riferimento
    www.arper.com
     Roberto Arleo 

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    CITAZIONI | Quando siete inghiottiti dalle fiamme - David Sedaris

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    I traslochi sono un trascinarsi dietro di mille cose, tra cui anche i libri.
    Ho cominciato ad aprire gli scatoloni che avevo riposto tra gli scaffali nel ripostiglio e ho pensato a come poter condividere quello che avevo letto. Quello che da quei libri avevo apprezzato maggiormente, quelle frasi che avevo sottolineato pensando di poterle memorizzare.
    La rubrica CITAZIONI ripropone quelle frasi sottolineate come chiave di lettura e sintesi delle letture già fatte e si ripropone di continuare anche per le prossime pagine che verranno accuratamente selezionate.
    Come valore aggiunto abbiamo chiesto ad alcuni tra i fotografi presenti nel gruppo su flickr di dare un'interpretazione alle varie citazioni. Il risultato è quello che si può apprezzare in questo articolo tra le parole accuratamente selezionate da Quando siete inghiottiti dalle fiamme di David Sedaris.
    Spero che vi piacciano le storie raccontate in questo modo.
    © Vera Papp
    Era una di quelle conversazioni dalle quali ero destinato a essere tagliato fuori. Non solo non me lo sono mai fatto controllare; non so nemmeno esattamente cosa sia, il colesterolo. Quando sento quella parola mi immagino un brodino grigiastro, fatto in casa, con dei grumi.
    the sound of music
    © paola faravelli
    Chiunque altro avrebbe messo una compilation o una cassetta e via, ma lui prendeva le sue responsabilità molto seriamente, e progettava ogni pasto come se fosse una serata all'auditorium.
    zwei Tage in Berlin! - Potsdamer Platz (tubature II)
    © biondapiccola (Holga my Dear)
    Speravo che le nostre vite proseguissero così all'infinito, ma immancabilmente il passato venne a bussare. E non il passato bello, quello che si poteva collezionare, ma quello brutto, affetto da artrite.
    chairs like glass
    © Caterina Mulieri
    In Francia le bottiglie sono più piccole che negli Stati Uniti, ma il contenuto di alcol è decisamente più alto. Non sono bravo in matematica, ma ho capito che più o meno cinque birre americane equivalgono a nove francesi. Questo voleva dire che dovevo stare attento alla raccolta del vetro. Se un giorno me ne scordavo, l'indomani sembrava che avessi avuto a cena il Belgio.
    [Ich Bin Ein Berliner] Leibnizstraße
    © Urca
    I posti che hanno fatto di me l'insopportabile snob che sono oggi andavano dall'eccellente al vergognosamente eccellente.
    [meccanica]
    © Nausicaa Fogazza
    Quando a New York hanno proibito il fumo nei ristoranti, io ho smesso di andare a cena fuori. Quando l'anno proibito sul posto di lavoro, ho smesso di lavorare.
    Ci sono persone che non sarebbero mai state innamorate se non avessero mai sentito parlare dell’amore
    ©Enrica Brescia Rerry *
    Camera mia era pulita e ordinata, e fosse stato per me avrebbe avuto l'odore della copertina di un disco appena toglievi la plastica. Ovvero l'odore dell'aspettativa.
    L'amore è una cosa semplice
    © Manuela Trevia
    Nei libri e nei film l'infedeltà sembra sempre così irresistibile, così giusta. Vedi persone che sfidano convenzioni meschine, e in cambio possono assaporare soltanto i pezzi più gustosi dell'esperienza umana.
    life in a kitchen
    © Marina Magri
    Andresti a prenderti un bicchiere d'acqua, ma per farlo dovresti alzarti in piedi, e così ti limiti a guardare verso la cucina, sperando, che so, che una tubatura esploda e l'acqua arrivi fin lì.
    SPiRiTO Di-ViNo....per NON DiMENTiCARE
    © ilaria
    Sono le cose che non compri che restano con te più a lungo.
    Tra le nuvole
    © MarioPhoto (La Spezia)
    È buffo come certi oggetti comunichino un messaggio. La mia lavatrice e la mia asciugatrice, per esempio. Non è che parlino, ovviamente, ma ogni volta che ci passo davanti mi ricordano che le cose mi stanno andando abbastanza bene. "Basta con le lavanderie automatiche" sembra dire quel ronzio. Il mio fornello, che è un rompipalle, ogni giorno mi ripete che non so cucinare, e prima che io possa difendermi salta su la bilancia, che dal bagno urla: "Be', un minimo deve sapersela cavare per forza. Qui stiamo raggiungendo numeri da capogiro". Lo scheletro ha un vocabolario molto più limitato, e dice una cosa soltanto: "Tu morirai".
    Voi lo avete letto? Cosa ne pensate? Vi è piaciuto?


    Roberto Arleo  

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    PHOTO CONTEST | Power to your Next Step Award 2013 by Canon

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    Power to your Next Step Award 2013è il nuovo photo contest lanciato da Canon Italia in collaborazione con Mondadori Portfolio.

    Il concorso adotta il tema dell'EXPO 2013 che ne patrocina l'iniziativa: Nutrire il pianeta, Energia per la vita.


    Il tema dell'alimentazione, di quella sana intendo, é un concetto fondamentale che in molti cercano di abbracciare e fare proprio, sviluppando idee e progetti sia per trovare soluzioni nuove e innovative, sia per sensibilizzare il più possibile.  Fotografare per uno scopo preciso, proprio in un periodo dove le immagini sanno comunicare e hanno una vasta diffusione attraverso i nuovi media.

    Il concorso vuole restare a metà tra la forma creativa, ma anche comunicativa della fotografia e l'aspetto sociale del tema proposto, in cui diventa fulcro fondamentale l'alimentazione sana, quella genuina legata ai prodotti, quella che ha rispetto dell'ambiente e quindi anche dei processi produttivi oltre che di quelli legati strettamente alla fruizione.

    Il concorsoè quindi un buon motivo per armarsi delle nostre amate macchine fotografiche per interpretare con passione quello che il bando richiede.

     

    Ci sono vari premi suddivisi per le 3 categorie a cui poter partecipare:

    Professional:
    I professionisti, che possono caricare 5 foto e un breve cv in formato pdf
    Photo Addicted:
    Gli appassionati della fotografia, anch’essi possono caricare fino a 5 foto
    Young - Under 25:
    I ragazzi sotto i 25 anni d’età, che possono inviare fino a 5 foto.

    I premi possono raggiungere anche un valore di 4.500 euro.

    Tutte le informazioni si possono trovare sul sito www.nextstepaward.it compresa la galleria immagini, il regolamento e tutto quello che occorre sapere per il contest.

    Un concorso di qualità che richiede un impegno nell'affrontare un tema importante e che premia degnamente i concorrenti chiamati in causa.

    E’ possibile condividere la propria passione anche attraverso i social network usando le hashtag #canon e #nextstepaward.

     

    Da non perdere, cosa aspetti a partecipare?!

    Roberto Arleo   

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    Articolo sponsorizzato

    DESIGN | byby™ design: perchè il bello si sa, ci mette di buon umore!

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    Felicità, benessere e buon design! Questa la filosofia di byby, marchio fondato a Suwon, vicino Seoul nella Corea del Sud, dal giovane e talentuoso designer Boyeon Oh.
    salad memo, © byby
    salad memo, © byby
    Dopo avere fatto esperienza per circa tre anni presso compagnie di arredamento, Boyeon Oh, decide di fondare uno studio tutto suo. I primi lavori sono piccoli oggetti divertenti, utili e ben fatti. Dalle calamite, all'insalata di post-it, ad oggetti più complessi e complementi d'arredo, l'obiettivo è quello di migliorare la vita delle persone, attraverso il design! O almeno regalare qualche sorriso e qualche attimo di spensieratezza!

    Ecco qui una selezione di progetti di byby, molti dei quali sono già prodotti e disponibili sul mercato!
    ddagaebi, © byby

    ddagaebi, © byby

    dream pocket, © byby

    dream pocket, © byby

    six leaf, © byby

    six leaf, © byby

    six leaf, © byby
    Non mi resta che augurarvi: Buon Design!

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    byby

    202, 833-11 Maetan4-dong Yeongtong-gu
    Suwon-si Gyeonggi-do 433-802 South korea

    Mobile : +82-(0)10-5882-512
    Fax : +82-(0)303-3441-0414
    E-mail : bo-youn16@hotmail.com



     Martina Giustra

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    ALLESTIMENTO | Ritratto di una città #2. Arte a Roma 1969-2001 - Mostra al MACRO di Roma

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    Una timeline di 45 metri corre sulla parete più lunga della Sala Enel del MACRO. Un percorso costituito da foto, video, manifesti e documenti, a cui si può aggiungere altro materiale tramite una postazione interattiva, da cui è possibile consultare un archivio virtuale, sviluppato in collaborazione con Repubblica.it in costante aggiornamento. Si arricchisce così la mappatura geografica e storica delle realtà artistiche Romane di questi quaranta anni. Moltissimi sono gli artisti coinvolti che continuano ad essere determinanti nel contesto culturale Romano.
    Timeline su parete della Sala Enel. MACRO. © 2013 Fiorella Bonifacio.
    La mostra è divisa in decenni e, all’interno di questi periodi, in temi raccontati da gruppi di artisti, legati fortemente al contesto storico e tra loro. Ogni tema è rappresentato da alcune opere, all’interno di sale aperte e contigue.

    Timeline e sale espositive della Sala Enel. MACRO. © 2013 Fiorella Bonifacio.
    Gli artisti, le cui opere sono esposte nella sala “Struttura, luce e superficie”, (anni Sessanta) sono mossi dalla ricerca che lascia alle spalle la materia carica di riferimenti esistenziali, che aveva dominato il decennio precedente. Prendono vita nuove forme di ibridazione tra pittura e scultura, tra colore, superficie e volume.
    Tale ricerca di una nuova spazialità, inaugurata da Lucio Fontana, porta ad una progressiva rielaborazione della pittura in chiave ambientale e oggettuale, con un’attenzione per la spazialità e per la luce. Puntellature, forature, inserti di elementi tridimensionali, flessioni del supporto stimolano nuove modalità di percepire l’opera, che acquista plasticità, rapportandosi con lo spazio circostante.
    Enrico Castellani. Superficie bianca. (1962). Acrilico su tela. © 2013 Fiorella Bonifacio.
    Le tensioni al rinnovamento linguistico e la nuova attenzione verso le dinamiche sociali si palesano nelle opere esposte in “Forma e ideologia” (Anni Sessanta). Ciò è fondamentale per comprendere la relazione tra nuove forme artistiche e contenuti politici. Questi artisti creano immagini attraverso il filtro di una sensibilità orientata dai mass media e dal linguaggio pubblicitario, di cui colgono icone e strategie simboliche. Con una sensibilità pop, orientata in senso prevalentemente politico e ironico, si servono spesso di configurazioni sintetiche, di sagome semplificate: sintesi efficaci di identità individuali ma soggette, al tempo stesso, a processi di moltiplicazione seriale.

    Renato Mambor. La difesa. Calcio balilla (1970). Smalto su legno. © 2013 Fiorella Bonifacio.
    “Nuovo alfabeto per linguaggio e materia” (anni Settanta), è la sala animata dalle opere di artisti italiani, europei e americani di diverse tendenze: dalla Process art all’ Arte povera, dall Conceptual art all’ Arte ambientale. Questa nuova dimensione estetica scopre nella materia lo strumento ideale per “raggiungere quel punto in cui solo il linguaggio agisce” (Barthes), dando vita così ad azioni e processi mentali in cui lo spettatore è coinvolto in senso psichico e sensoriale.
    Sol Lewitt. Open Cube Five part variations n.5 (1973). Alluminio e smalto. © 2013 Fiorella Bonifacio.
    Gli anni Ottanta, in “Disegno allegorico e allegorie scultoree”, vedono come protagonista il recupero della pittura, del disegno e della scultura, assumendo per alcuni artisti una declinazione allegorica, che trova nella forma letteraria della scrittura, e in particolare nella poesia, un’essenziale fonte d’ispirazione. La densità concettuale della poesia si specchia nella leggerezza della carta, delle matite, dei pastelli, nelle sfumature cromatiche che velano le opere, negli elementi urbani che diventano icone metafisiche, negli immaginari di natura espressionista.

    Felice Levini. Cielo né intimo né nostalgico. (1981) Pennarello indelebile su PVC, bacchetta magica, vetro e acciaio. © 2013 Fiorella Bonifacio. 
    In “Disegno analitico” (anni Ottanta), si notano gli artisti che, alla fine degli anni Settanta e nei primi Ottanta, in pieno clima postmoderno e nel contesto di una rinnovata attenzione per il medium pittorico, dopo la smaterializzazione concettuale, attingono al passato in termini formali e stilistici. Questi, volgendosi verso l’arte rinascimentale, manierista e neoclassica, recuperano la figurazione e il disegno. Si avvalgono della citazione, come recupero della iconografia neoclassica e rivisitano miti e storie della letteratura antica e rinascimentale: la pittura cosiddetta “colta” o “anacronista”. Nasce l’esigenza di provocare attraverso la tradizione. Si sviluppano due correnti: una parte dal puro sentimento di revival, pur conservando riferimenti al presente; l’altra vede la pittura come strumento per la riflessione analitica e metalinguistica.

    Stefano Di Stasio. Senza titolo. (1979). Olio su tavola. © 2013 Fiorella Bonifacio.
    “Memorie quotidiane e nuove iconografie” (anni Novanta), ospita quegli artisti che concentrano le loro ricerche, seguendo codici espressivi eterogenei, su ricordi, gesti e azioni appartenenti alla sfera quotidiana o rieleggono iconografie fortemente consolidate all’interno dell’immaginario collettivo. Ne nascono così di nuove, che attingono tanto al mondo contemporaneo, quanto alle icone del passato.

    Adrian Tranquilli. Calimero – The Big Bang, Sarajevo, Yugoslavia, 1992. (1998). Tecnica mista. © 2013 Fiorella Bonifacio.
    Il crocevia di culture e flussi artistici che portano Roma ad intensificare i rapporti con l’Europa dell’Est e con l’Estremo Oriente, si denota all’interno di “Visioni internazionali” (anni Novanta). Molti artisti concepiscono progetti specifici per la città e instaurano con essa un rapporto costante e duraturo. Fa da protagonista la Performance art che, talvolta, coinvolge lo spettatore, facendolo diventare esso stesso performer, in certi casi, accompagnata da video.

    Sükran Moral. Bordello. – Hamam. – The Morgue. (1997). © 2013 Fiorella Bonifacio.
    Uscendo dalla Sala Enel ci si imbatte in “Voci indipendenti” (anni Novanta). Attraversando fotografia e scultura, questi artisti intraprendono una sperimentazione per lo più su un unico medium, di cui riscoprono purezza e nuove forme.


    MACRO
    Via Nizza, 138 - Roma
    Dal 16 maggio – 15 settembre 2013
    Da martedì a domenica dalle 11.00 alle 21.00
    Link di riferimento

    Fiorella Bonifacio   

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    SECRET CITY LIFE | Milano - Il commissariato di Porta Genova

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    È successo così, come tutte le cose magiche che accadono di tanto in tanto e ti fanno rendere conto di quanto interessante possa essere la vita.
    Il commissariato di Porta Genova - Milano © Margaret Anderson
    Una mattina straordinariamente mi sono svegliata prestissimo... quasi di soprassalto, con un mal di testa lancinante e zero voglia di cominciare la mia giornata.
    Di arrivare un'ora in anticipo a lavoro non se ne parlava, (in fondo non mi pagano abbastanza per rubarmi anche un'ora in più di prima mattina)... quindi opto per una passeggiata schiarente con Susanna, la mia bici.

    Pedalo sorniona tra le vie svuotate di una Milano che lentamente si sveglia.
    Mi lascio coccolare da una tazza di "latte-freddo-macchiato-e-mi-raccomando-latte-freddo-caffè-caldo" e una conchiglia sfoglia alla crema, seduta in uno dei tavolini rustici e legnosi dell'onirico Mag Cafè (prima o poi ve ne devo parlare).

    Piccoli peccati di gola per una tra le più convinte peccatrici goderecce.
    Il commissariato di Porta Genova - Milano © Margaret Anderson
    Solco vie conosciute e non. Mi lascio incantare dal magico silenzio intorno a me. Mi butto su un Einaudi a tutto volume... (coccola tra le coccole). Ed è in quel momento che mi imbatto in un edificio, abbandonato e dal cuore infranto.

    Mi fermo. Ci guardo dentro. Scruto tra le finestre dei piani alti. Mi affaccio tra i vetri rotti delle finestrone del piano terra.
    Scopro un piccolo paradiso... un perfetto set per una versione gotica di Alice nel Paese delle Meraviglie.

    Nascosto tra le mura crepate di via Bosso, l'edificio ospitava la sede del vecchio commissariato di Polizia di Porta Genova... oggi caduto in disgrazia per non so quale motivo... (che-Dio-fulmini-coloro-che-lasciano-marcire-gli-edifici).

    Ho girovagato come una matta nel tentativo di riuscire ad entrarci ma non ho trovato nessun modo praticabile... ho anche chiesto informazioni al vicino (e nuovo) comando di polizia ma i poliziotti avevano una faccia come le tre scimmie... "non-vedo-non-sento-non-parlo"...!
    Il commissariato di Porta Genova - Milano © Margaret Anderson
    Per adesso quello che so è che tutto sembra meno che un vecchio comando di polizia...
    All'interno posso scorgere quello che era un cortile, oggi una meravigliosa selva rigogliosa e brulicante di vita. Fauna e flora si estendono generando una macchia verde tra i mattoni rossi e le travi marce dell'edificio. Le porte-finestre che affacciavano sul cortile interno sembrano state divelte, forse rubate perché non sono riuscita a scorgerne i resti.
    Nelle uniche due sale disponibili alla mia vista riesco a cogliere qualcosa di anomalo... un tavolo da artigiano con accessori e strumenti del mestiere e una cucinotta (un pò arrangiata a dire la verità).
    Forse dietro questo edificio si nasconde una storia, anzi, quasi sicuramente. Mi piace immaginare li dentro un falegname o magari un fabbro... un'artista, perchè no?
    Il commissariato di Porta Genova - Milano © Margaret Anderson
    Sta di fatto che uno dei cartelli fuori segnala lavori in corso dall'antico anno 2000... sarà vero?
    A volte ci penso a quel vecchio edificio... se solo avessi i soldi lo ristrutturerei per riportarlo in vita... chissà quante magiche storie potrebbe raccontarmi...

    Vi lascio queste poche foto che sono riuscita a scattare... forse stuzzicheranno la vostra fantasia...
    Il commissariato di Porta Genova - Milano © Margaret Anderson
    Il commissariato di Porta Genova - Milano © Margaret Anderson

    Il commissariato di Porta Genova - Milano © Margaret Anderson

    Margaret Anderson   

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    WHO ARE YOU | Luca Tommaso Cordoni, qualcosa che ti fa emozionare

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    Stiamo scoprendo nuovi fotografi dal nostro gruppo flickr. Il primo aspetto che colpisce, inutile dirlo o negarlo, sono proprio le foto. L'aspetto nascosto e sorprendente che ne esce fuori (immaginate un cilindro nero e un coniglio bianco tirato dalle orecchie) sono le risposte che a volte sono scontate e non particolarmente interessanti. Altre volte, questa é una di quelle volte, si scoprono cose molto interessanti, progetti aperti di cui non si dovrebbe fare a meno e blog altrettanto attraenti e succosi. Leggete questa intervista fino in fondo solo se siete curiosi di mettere la vostra mano dentro un cilindro a pois per cercare le orecchie del coniglio a strisce. Mica la solita intervista.
    © Luca Tommaso Cordoni
    • Chi sei? 
    Luca Tommaso Cordoni, vivo a Cascina, un paese in provincia di Pisa con un bel centro storico, sono studente, sono creatore e editore di un magazine e blog The World Through Green Eyes, amo fotografare, amo la fotografia, e collezionare macchine fotografiche. Amo leggere e guardare film. Mi affascina da sempre l'arte, in tutte le sue forme, e da un paio di anni la grafica. Mi piace suonare/strimpellare il mio ukulele. E in estate andare in skateboard. Amo tutto ciò che è natura e starci in mezzo. Per fotografare, avendo un po' di macchine, cerco di provarle tutte, ma le principali che uso sono una Polaroid SX-70, una Polaroid autofocus 660, una Praktica nova B, e una Canon Powershot G7. Per le lenti uso un 50mm per la Praktica, e amo usare il fisheye. Mi piace usare anche Lomo come Holga, Diana, SuperSampler e Lubitel. Mi piace fotografare tutto quello che mi colpisce, sorprende, non ho un soggetto preciso, se vedo qualcosa che mi piace lo fotografo. Mi piace la luce del sole che entra in casa, e le ombre che fa, mi piace fotografare la natura, cose quanto semplici quanto spettacolari, e mio fratello, che volentieri a volte mi fa da modello.

    • La prima cosa a cui pensi appena sveglio?
    Che devo alzarmi, e alle cose che devo e dovrei fare.

    • Di cosa hai una scorta?
    Pazienza, Pepsi, liquirizia e Polaroid.
    © Luca Tommaso Cordoni
    • Una parola o un'espressione che ami? E una che odi?
    Catamarano, è una parola bellissima, scorre da se e mi ha fatto sempre sorridere. In generale odio le offese tipo imbecille, è una parola che suona grezza.

    • Di cosa hai bisogno per essere felice?
    Cose semplici, mente vuota, natura, silenzio.

    • In questo mondo le persone si dividono in?
    Poco buone e tutte le altre.
    © Luca Tommaso Cordoni
    • Un politico, una popstar o un artista che ammiri particolarmente per vari motivi?
    Artisti ce n'è sono un sacco. Per dirne alcuni: Escher, Picasso, Dalì, Frida Kahlo, John Lennon, Philippe Petit… tutte grandi persone e grandi artisti, non penso di doverne spiegare il motivo.

    • Il luogo più importante di casa tua?
    Penso il soggiorno, è dove stiamo tutti insieme, mangiamo, parliamo, guardiamo la tv etc.

    • Tre posti dove dove non sei mai stato e che vorresti vedere?
    Possono sembrare banali, ma Parigi, l'Alaska e il resto degli US in generale e in modo particolare, da quando sono nato, l'Australia.
    © Luca Tommaso Cordoni
    • Pensando all'Italia, qual è la prima cosa che ti viene in mente?
    Da una parte l'arte, il cibo buonissimo, dall'altra un po' di vergogna. Vergogna per l'aspetto politico, che non ha bisogno di commenti.

    • Quale città d'Italia ti attrae per il suo ambiente creativo?
    Ho la fortuna di abitare in una regione piena di storia e bellezze artistiche a ogni angolo, quindi direi un po' tutta la Toscana, magari non troppo creativa ai giorni d'oggi, la creatività la vendiamo all'estero.

    • Cosa volevi fare a 14 anni?
    Il paleontologo, già molti anni prima dell'uscita di Jurassic Park, poi ho cambiato totalmente studi.
    © Luca Tommaso Cordoni
    • Cosa non indosseresti mai?
    Maglie a collo largo.

    • Che cos'è per te la creatività?
    Quell'idea che ti prende all'improvviso e devi realizzarla subito perché senti che devi farlo. Qualcosa che ti fa emozionare.

    • Da cosa trai ispirazione per i tuoi progetti?
    Da ciò che mi piace, qualcosa che vedo, sento, musica, film, lavori di altri artisti, e naturalmente dalla natura.
    © Luca Tommaso Cordoni
    • Che definizione hai per la fotografia?
    È un punto di vista personale che si condivide con gli altri, è il proprio modo di vedere le cose.

    • Qual è il posto dove riesci a trovare più idee?
    Un bosco, un libro, internet… Pablo Picasso disse "I mediocri imitano, i geni copiano".

    • Che cos'è per te il lusso?
    Avere e fare tutto ciò che si vuole quando si vuole.. per certe cose però questo tipo di lusso non esiste.
    © Luca Tommaso Cordoni
    • Un film recente che ti è piaciuto? Perché?
    Vedo molti film, forse l'ultimo che mi è piaciuto è "Molto forte, incredibilmente vicino".

    • L'ultimo libro letto?
    Di qua dal paradiso di Francis Scott Fitzgerald. Ho cominciato a leggere una raccolta dei suoi romanzi, adoro il modo in cui scrive, i suoi momenti di vita raccontati in modo così naturale, una specie di biografia romanzata.

    • Una colonna sonora delle tue giornate? 
    Lisa Mitchell, The BEatles, Erykah Badu, The Tallest Man On Heart, Daft Punk, Sublime, Slightly Stoopid, Jack Johnson, Eddie Vedder.
    © Luca Tommaso Cordoni
    • Un sito che tutti dovrebbero visitare? 
    Beh The World Through Green Eyes è un mio progetto che è nato due anni e mezzo fa come blog, unendo due mie grandi passioni, la fotografia e la natura, che poi è cresciuto diventando anche un magazine e ha dato vita ad altri progetti. L'idea è nata, per dare spazio a giovani fotografi che ammiro molto. La head del sito è Trees, Wood, Green, Wild Girls & Pretty Bunny, ma in generale è tutto basato appunto sulla natura. Dopo poco tempo ho cominciato a intervistare alcuni fotografi che partecipano al progetto e siccome queste interviste erano molto apprezzate da chi mi seguiva, ho deciso di allargare la cosa con un online magazine gratuito TWTGE, ogni numero tratta un tema, e all'interno ci sono varie interviste, DIY, ricette vegane, e una gallery molto ampia di fotografie. Poi sono molto appassionato di blog, e alcuni miei preferiti sono Holga My Dear, un blog molto interessante di fotografia Lo-Fi in cui potete trovare esperimenti, recensioni e molte altre bellissime cose sulla fotografia sperimentale, un'altro blog è Pretty In Mad, anche questo sulla fotografia sperimentale, progetti fotografici e molto altro ancora. www.laurataylor.com una fotografa meravigliosa, amo i suoi ritratti. L'ultimo che vorrei consigliare è comelylittletree.tumblr.com, è un blog personale, ma mi piace molto perché si possono trovare vecchie foto anonime, bellissime tavole di botanica e buona musica.

    • Cosa o chi consideri sopravvalutato oggi? 
    Un sacco di cose, un sacco di persone… tanti fotografi e artisti che sono bravi a farsi pubblicità, allo stesso momento, purtroppo, se ne sottovalutano altri che meriterebbero molta attenzione.

    • Un aneddoto indimenticabile legato alla tua attività? 
    Un paio di anni fa, c'era un eclissi lunare ed ero andato con mio fratello a casa di amici per fotografare la luna rossa, ero attrezzatissimo, mi ero portato dietro la Contax di mio padre, il mio telescopio, tutti gli attacchi, lenti varie e treppiede. Per tutta la sera sono stato attentissimo alla giusta esposizione, a tenere la macchina immobile, a fare inquadrature e scatti perfetti al massimo. Tornati a casa, il giorno dopo, provo a riavvolgere la pellicola, e sento che la macchina non fa il minimo sforzo… un atroce dubbio mi assali, e purtroppo il dubbio era verità, avevo dimenticato di caricare il rullino!
    © Luca Tommaso Cordoni
    • Con chi ti piacerebbe lavorare? 
    Grazie al mio sito conosco davvero dei giovani fotografi spettacolari, che ammiro molto, e che sono sicuro avranno un futuro nel mondo della fotografia, spero anche grazie a me. Fra questi mi piacerebbe molto lavorare con Léa Mandana, Aëla Lebbe, Amanda & Kate Pulley, Bianca Gutman. Con grandi che han fatto storia, fosse possibile, Brassaï, Hitchcock, Vittorio De Sica e molti altri.

    • Cosa provi quando rivedi alcuni progetti di due o tre anni fa? 
    Che sono migliorato nel tempo, ma si può fare meglio, sono molto autocritico.

    • L'ultima cosa che fai prima di dormire? 
    Leggo... un libro, una rivista o un fumetto, di solito Topolino.
    © Luca Tommaso Cordoni
    • Progetti per il futuro? 
    Al momento sto lavorando a un progetto, che si dilungherà ancora per i prossimi mesi, con Pretty In Mad e altre fotografe italiane, che si chiama Four Seaason Project, poi sto lavorando ad un'altra rivista Rabarbaro, poi ho altre idee ma non sono ancora certe, vorrei fare più ritratti. 

    • Link dove è possibile vedere quello che fai o dove seguirti?
    www.flickr.com/photos/mr_carbonmonoxide 
    www.twtge.com il mio blog/magazine, in cui chi vuol partecipare trova tutte le istruzioni  

    • Una frase o un pensiero per concludere l'intervista? 
    Una frase di Dorothea Lange: "The camera is an instrument that teaches people how to see without a camera." grazie dell'intervista.
    © Luca Tommaso Cordoni

    Roberto Arleo    

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    MOSTRA | Roma è sotto bombardamento aereo - Una mostra fotografica lo ricorda alzando gli occhi al cielo

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    Le bombe cadono sullo scalo di San Lorenzo


    Roma 19 luglio 1943. E’ lunedì, una bella giornata dell’estate romana, calda, senza un alito di vento. Alle ore 13 il termometro arriverà a 40 gradi all’ombra.
    Ma è alle 11,02 minuti che nella città si ode il suono acuto delle sirene, il segnale minaccioso dell’attacco aereo. Molti romani che pure hanno notizia dei tremendi bombardamenti sulle altre città italiane non se ne preoccupano: l’Urbe, la “città santa” non può essere attaccata dal cielo, Roma è patrimonio dell’umanità, a Roma c’è il Papa, anche gli Alleati lo sanno. Che Roma sia inviolabile lo crede l’uomo della strada ma lo credono anche i gerarchi e i generali: al momento dell’attacco aereo, sono trentotto i caccia italiani in grado di levarsi in volo a difesa della città, a contrastare gli aerei nemici. Alle ore 11,03 minuti 362 bombardieri americani decollati dalla Tunisia, dall’Algeria, dalla Libia iniziano il bombardamento.






    L'interno della Basilica di San Lorenzo fuori le mura,
    devastata dal bombardamento
    [...] Il popoloso quartiere San Lorenzo viene investito in pieno. Le bombe cadono su via dei Volsci, via dei Sabelli, via dei Sardi, via dei Marrucini, Via dei Vestini, via degli Enotri, via degli Equi, via dei Ramni, largo degli Osci, piazza dei Campani, via dei Reti, via degli Ausoni e sulle altre strade del quartiere. I cortili, le loggette, i ballatoi, luoghi di svago e di socializzazione vengono sventrati, le ringhiere di ferro battuto divelte pendono tra la polvere e i calcinacci. In via dei Marsi viene colpita la “Casa dell'infanzia” di Maria Montessori, banchi, tavoli e sedie vengono distrutte dalle fiamme. L’edificio, simbolo della "rivoluzione dell'educazione infantile" che ha reso famoso il quartiere in tutto il mondo, non esiste più. A via dei Latini due palazzi vengono distrutti completamente. In uno, al civico 71, abitano trenta famiglie: poche persone sopravvivranno. In piazza dei Sanniti 42 una bomba centra l’edificio dove si trova la trattoria “Pommidoro”, e seppellisce sotto tonnellate di detriti gli abitanti che al suono delle sirene sono scesi in cantina. In via dei Marrucini una bomba invece penetra sino alla cantina e lì esplode uccidendo novantasette persone che vi si sono rifugiate, soprattutto donne e bambini.


    I vigili del fuoco impiegheranno sei giorni a portare alla luce i cadaveri. L’orfanotrofio statale di via dei Sabelli che ospita cinquecento bambini viene colpito e dal rifugio sotterraneo i piccoli e le suore vengono estratti dopo trentasei ore; 78 bambini e sei suore rimangono uccisi. In via dei Reti il carcere minorile diventa per molti ragazzi, forse una quarantina, una tomba. Gli altri riusciranno a salvarsi. Viene distrutta un’ala del Convento delle suore Concezioniste in via dei Marsi, mentre sul piazzale Tiburtino le bombe seppelliscono una ventina di persone rifugiatesi nella farmacia Sbarigia, molto nota nel quartiere. Sopravvivono sino alla salvezza, per due giorni, nutrendosi di medicinali, ma il farmacista, il dottor Sbarigia, appena riportato alla luce viene stroncato da un infarto. Brucia in via degli Apuli la fabbrica della birra Wührer, colpita da bombe incendiarie al fosforo. Brucia per tre giorni il pastificio Pantanella, tra la Prenestina e la Casilina, vicino a Porta Maggiore.
    [...] Il cuore del quartiere, le basilica patriarcale di San Lorenzo, subisce gravi danni. Le bombe abbattono il tetto di legno, infrangono l’organo, distruggono l’intera facciata della basilica. I frati fuggono attraverso il cimitero per cercare di sopravvivere alla tragedia e per soccorrere poi i sopravvissuti e gli sfollati. Anche la parrocchia del quartiere, la chiesa dell’Immacolata Concezione, viene colpita. La città universitaria, dove in quel giorno non si svolgono lezioni, è danneggiata gravemente in vari edifici, sono colpiti l’Istituto di Sanità Pubblica in viale Regina Margherita, un’ala della Clinica Ortopedica sul Piazzale delle Scienze, il Dopolavoro universitario, il Teatro, la Casa dello Studente in via De Lollis.[...] Un ferroviere, Marco Ferranti, durante l’incursione si rifugia in quel punto, tra le bombe si raccomanda alla Madonnina di terracotta e miracolosamente si salva. Il giorno dopo mura sotto la statuetta una targa di marmo con la scritta.”Alla Vergine Maria per grazia ricevuta”. Altre targhe verranno attaccate a quel muro sotto la “madonnina del tranviere”, come la chiama la gente, negli anni della guerra e poi negli anni della pace fino a coprire quasi tutti i duecento metri di muraglione da piazza Fabrizi a Piazza della Croce Rossa.Il papa, per la prima volta dall’inizio della guerra, esce dal Vaticano e si reca nel quartiere colpito.In fondo a viale Regina Elena scende dalla macchina e si avvia a piedi tra la folla. Davanti alla facciata distrutta della Basilica di San Lorenzo egli si inginocchia. L’immagine di Pio XII con le braccia spalancate tra la folla, con la veste bianca macchiata di sangue, rimarrà a simbolo della tragedia degli abitanti e del legame tra la Chiesa e la città. (tratto da www.storiaememoria.it - www.historiamilitaria.it)


    E se tra la folla il papa spalancò le ali, i giovani di allora spalancavano gli occhi al cielo sotto la pioggia delle bombe. Quei giovani oggi si raccontano nella mostra inedita realizzata infatti per l’occasione da Danilo Balducci, dal titolo “43-13” memoria di come nonostante i 70 anni trascorsi, i numeri di quella giornata (321 bombardieri, 1500 morti, 6000 feriti, 10.000 case distrutte e 40.000 senzatetto) sono ben visibili negli occhi di quei dieci scatti realizzati con una “polaroid express studio 45” a pellicola sviluppo istantaneo perchè tutto si è consumato istantaneamente, dal dispaccio al raid le vittime erano già ormai troppe. Oggi quegli occhi, quei sguardi sono testimonianza preziosa per guardare gli assenti ma a volte non servono troppe parole, basta guardare il cielo...
    © Danilo Balducci
    L’appuntamento è per venerdì 19 luglio, alle 21.45 presso il Coffee Pot Park Circus a San Lorenzo (Roma) e a illustrare la storia saranno oltre alle foto, la proiezione di un video "San Lorenzo ore 11" di Massimo Calanca e Gabriele Giampieri. Ingresso libero.

    Danilo Balducci
    Nato a L’Aquila nel 1971 è sempre stato affascinato dalla fotografia e dal potere comunicativo delle immagini. Reportage e fotografia sociale sono i suoi interessi principali.
    Diplomato presso l’Istituto Superiore di Fotografia e comunicazione integrata di Roma è professionista dal 1998. Docente di fotografia e reportage presso l’Accademia di Belle Arti di L’aquila. Fornisce regolarmente immagini ad agenzie fotografiche italiane ed estere.
    Le sue immagini e le sue storie sono state pubblicate su giornali e riviste nazionali ed internazionali.


    Serena Micantonio 

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    CHE COS'È L'ARTE | Carlo Gallerati, comunicare idee suscitando emozioni

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    Che cos'è per te l'arte? Lo abbiamo chiesto al gallerista Carlo Gallerati (già intervistato per Design with love) che ci ha risposto così:
    L'arte è l'espressione di forme di esagerazione della realtà ottenute attraverso la costruzione consapevole di una complicata bellezza, il cui scopo è di comunicare idee suscitando emozioni o sensazioni.
    Didascalia dell'immagine: Carlo Gallerati, nella sua galleria di Roma (Galleria Gallerati)
    L'opera d'arte è un incidente attraente: un evento inaspettato e inutile, ma che dal momento che si verifica può diventare necessario e irrinunciabile.
    L'artista - più che avere delle ispirazioni - deve recepire la realtà per poi interpretarla, sistemarla, trascriverla: deve assorbire le cose e restituirle dopo averle filtrate, smontate, macinate e rimontate. 
    L'opera d'arte è tale se è inserita nel sistema dell'arte, e questo avviene se si completa efficacemente il ciclo dell'intera sequenza creativa, ovvero se sono portati a compimento gli atti creativi di quattro soggetti: l'autore (che crea l'opera), il critico (che fa dell'autore un artista), il gallerista e/o l'editore (che creano il pubblico), il pubblico (che da un senso al tutto se non si limita a una sterile osservazione).
    Vuoi avete una definizione migliore?

    Link di riferimento
    www.galleriagallerati.it

     Roberto Arleo   

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    CITAZIONI | La scopa del sistema - David Foster Wallace

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    Non è tanto la trama (comunque fuori dall’ordinario), quanto la scrittura geniale di David Foster Wallace, densa, impegnativa, surreale, ironica, logico-matematica a lasciare il segno. No, non è un libro, è un trip!
    © Andrea Badiali
    Lenore ha una caratteristica che attira gli uomini. Non è una caratteristica normale, o una caratteristica che possa essere spiegata. “…” disse sperando così di spiegarla. “Vulnerabilità è ovviamente una parola sbagliata. “Esuberanza” non basta. Entrambe le suddette parole significano, perciò falliscono. Lenore ha la caratteristica di una specie di gioco. Ecco. Il che, significando quasi niente, potrebbe funzionare. Lenore ti invita tacitamente a giocare un gioco che consiste di oscuri tentativi di scoprire le regole del gioco stesso. Che ve ne pare? Le regole del gioco sono Lenore, e giocare significa essere giocati. Scopri le regole del mio gioco, ride lei, ridendo con o di te.
    © Riccardo Bandiera
    - Ormai non si vomita più, – disse LaVache. – Qui all’Amherst qualche anno fa c’è stato un tizio, un tizio veramente mitico, che ha introdotto l’usanza per cui invece di vomitare ci si mette a picchiare la testa contro il muro.
    - A picchiare la testa?
    - Molto forte.
    © sonounribellemamma
    Comunque sia, a Cambridge ha studiato lettere classiche e filosofia e chissà cos’altro con un professore che era una specie di genio pazzoide e si chiamava Wittgenstein ed era convinto che tutto sia parole. Sul serio. Non ti parte la macchina? E un problema di linguaggio. Sei incapace di amare? Sono le spire del linguaggio. Hai il raffreddore? Semplice: costipazione di sedimenti linguistici. A mio parere la cosa puzza enormemente di stronzata, ma evidentemente la Lenore Beadsman vecchia c’era cascata in pieno, e ha avuto settanta e passa anni per far macerare e fermentare l’infusione con cui adesso imbocca settimanalmente Lenore.
    © consuelo cocchini
    – Tu vai pazza per le parole, vero? – Guardò Lenore. – Vero che vai pazza per le parole? – Cioè? Che significa? – Significa che mi dai l’idea di una che va pazza per le parole. O forse pensi che siano loro a essere pazze. – In che senso? – Nel senso che le prendi terribilmente sul serio, – disse. – Tipo come se fossero un bisturi, o una motosega che rischia di tagliarti con la stessa facilità con cui taglia gli alberi.
    © Fania
    Con me usò la scopa, però ti parlo di quando avevo tipo otto anni, o dodici, chi se lo ricorda, e Lenore mi fece sedere in cucina e prese una scopa e si mise a scopare furiosamente il pavimento, e poi mi chiese quale fosse secondo me la parte più fondamentale della scopa, la più cruciale, se il manico o la chioma. Il manico o la chioma. E io non sapevo cosa rispondere, e lei si mise a scopare ancor più violentemente, e io cominciai a innervosirmi, e finalmente dissi che secondo me era la chioma, perché senza manico si può scopare lo stesso, basta tenere in mano l’affare con la chioma, mentre scopare solo col manico è impossibile, e a quel punto lei mi agguantò e mi scaraventò giù dalla sedia e mi gridò qualcosa cosa tipo: «Già, perché a te la scopa serve per scopare, no? Ecco a cosa ti serve la scopa, eh?» e roba del genere. E gridò che se invece la scopa ci serviva per spaccare una finestra allora la parte fondamentale era chiaramente il manico, e passò a dimostrarlo spaccando la finestra della cucina, cosa che fece accorrere i domestici, terrorizzati; ma che se appunto la scopa ci serviva per scopare, tipo per esempio i vetri rotti della finestra, e dai che scopava, allora l’essenza della cosa era la chioma.
    © Urca
    Nonna dice che ogni racconto si trasforma automaticamente in una specie di sistema, un sistema che controlla tutti i personaggi coinvolti. (Lenore)
    © Luca Tommaso Cordoni
    Ma ci era entrato troppo dentro DFW, nel gioco, nel sistema… tanto da non avere vie d’uscita, avremo capito un po’ di anni dopo.

    Serena M. Caldarazzo   

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    INTERIOR DESIGN | I tessuti Fortuny a Parigi

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    Ci sono tanti modi per promuovere la cultura italiana. Quello che ha scelto l’Istituto Italiano di Cultura a Parigi, per la festa della Musica nel giorno del solstizio d’estate, rende omaggio alle tante imprese italiane di eccellenza che — sposando in pieno i nuovi programmi dell’Istituto in nome della sinergia tra industria e cultura — hanno contribuito coi loro stessi prodotti al rinnovamento dell’Hôtel de Galliffet, la prestigiosa sede dell’Istituto Italiano di Cultura.
    © Tania Fegali
    Così, oggi 21 giugno alle ore 17 una conferenza stampa presenterà i locali dell’Istituto Italiano di Cultura dopo i recenti lavori di restauro e si celebreranno le aziende del made in Italy coinvolte nel generale rinnovamento, a cominciare da Beppe Cerutti, distributore dei più celebri marchi italiani in Francia.
    © Tania Fegali
    Puntiamo l’obiettivo su Fortuny, una storica azienda di tessuti nata da Mariano Fortuny, che è stato pittore, incisore, scultore, fotografo, creativo e designer di moda. Successivamente creò lui stesso le sue proprie tinture, spazzole e macchinari, compresi gli innovativi tessuti che sono diventati di fama mondiale e che sono tutt'ora in produzione. Il tutto a partire dal 1922, sull'isola della Giudecca, dove venne aperta la sua azienda, che diventerà quella dai tessuti più celebri negli Stati Uniti e in Italia, dove — a Venezia appunto — si fabbricano.
    © Tania Fegali
    Fortuny ha fornito i tessuti per le nuove tappezzerie dello studiolo — che fu di Talleyrand— che ospita oggi gli uffici della direzione, e per le sedie del salone degli specchi, oggi sala delle conferenze dell’Istituto Italiano di Cultura. 
    © Tania Fegali
    Link di riferimento 

    Mariangela Grippa   

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    SUNDAY OF FLICKR | Gli sguardi immobili catturati

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    C'è uno sguardo nascosto mimetizzato tra lo spazio e il tempo che ci circonda. 
    Nella selezione di oggi lo raccontiamo attraverso queste immagini. 
    © VINCENT de Groot

    © fixementlhorizonmiroitant

    © giulio verne

    © http://philliprigginsphotog...

    © mmssphotographic

    © gerard_chic

    © giuseppe.dip50

    © Andrea Badiali

    © Valentina Calosci

    Una selezione settimanale delle immagini pubblicate sul nostro gruppo Flickr
    Un brainstorming di immagini per trovare ispirazione!

    Roberto Arleo   

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    FIRENZE | Le letture di seconda mano tra i chioschetti

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    Quante volte girando per le vie del centro, ci è capitato di vedere dei chioschetti carichi di libri, il cui unico adorno era il cartoncino con il prezzo scritto a mano? Tante volte. Di rado si nascondono in un angolo a ridosso di un palazzo e un’altra struttura, spesso, invece, si posizionano nel bel mazzo delle piazze, per non passare inosservati.
    Chioschetto a Piazza Ciompi © Mariangela Grippa
    Siamo a Firenze, e passeggiando nel centro ci troviamo a pochi passi da piazza dal Duomo. Tra i negozi di abbigliamento, scarpe, telefonia, bar, agli amanti delle lettura non può essere sfuggito un banchino di volumi antichi, libri vecchi e usati. E’ un chioschetto di libri che si nasconde in Via Martelli, di fronte al liceo Galileo Galileo, riconoscibile forse anche solo dal profumo di carta stampata e dai volumi ingialliti. Copioso di libri d’arte, cataloghi di importanti mostre e vecchie riviste, non ha orari di apertura e chiusura, ma la sua attrattiva principale sono i prezzi: è possibile comprare libri a prezzi davvero stracciati.
    Chioschetto a Piazza Ciompi © Mariangela Grippa
    Restando in centro e spostandoci verso sud, approdiamo in Piazza Ciompi. Qui troviamo la Loggia del Pesce, sosta fissa di turisti e passanti che, specie nelle giornate più calde, trovano ristoro lì, sotto le arcate all’ombra. Ed è proprio al centro di questa Loggia che c’è un chioschetto letterario, con orari di apertura (dal lunedì al al sabato, 10,00-19,00) dove, sbirciando tra la polvere e la carta, si trovano molti libri usati (in ottime condizioni), riviste di storia degli anni ’60-’70, opuscoli, ma anche tanti fumetti.
    Fumetti del chioschetto in Piazza Beccaria © Mariangela Grippa
    Se ami leggere soprattutto di storia, allora è il caso di andare in Piazza Strozzi. La bancarella allestita in questa zona, grazie ai volumi di cui si caratterizza, assume un “aspetto” quasi vintage. Offre svariati manuali storici che con pochi euro concedono un viaggio nelle pieghe del tempo tra Guerra Fredda, bombe atomiche e colpi di stato. Un po’ ingiallite, messe all’estremo del banchino, si trovano grandi stampe, sulla Firenze antica, adatte ad essere incorniciate, fatte a mano, in carboncino.
    Chioschetto in Piazza Beccaria © Mariangela Grippa
    Infine completiamo il nostro tour risalendo un po’ sul viale, in piazza Beccaria. Il banchino qui posizionato, è forse tra i più piccoli, ma tra quelli con più libri di vario genere. Vanta infatti gialli (a centinaia quelli della Mondadori), thriller, romanzi di fantascienza (molti della collana Urania) e romanzi rosa. Ce n’è per tutti i gusti e anche i prezzi restano tra i più bassi e accessibili.
    Chioschetto in Piazza Strozzi © Mariangela Grippa
    Libri e stampe al chioschetto in Piazza Strozzi © Mariangela Grippa

    Link di riferimento
    www.alzareitacchiecamminaretraleviuzzedifirenze.book
    Mariangela Grippa   

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    ALLESTIMENTO | Azīza. Mostra al padiglione ZAC dei Cantieri Culturali della Zisa. Palermo.

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    Varcando la soglia delle porte scorrevoli in vetro che separano lo spazio in terra battuta dei viali dei Cantieri Culturali della Zisa, si viene travolti da una successione di opere. Alcune dialogano tra loro; la maggior parte col luogo che le ospita: un ex hangar in cui si costruivano aerei militari e idrovolanti, ora ZAC – Zisa Zona Arti Contemporanee. Azīza è la prima mostra interamente prodotta da Zac. E’ l’esito del work in progress degli stessi artisti dentro il capannone. Numerose sono, infatti, le opere fortemente legate alla location e alla condivisione stessa dello spazio e del tempo. Molte di queste usano come elementi principali il materiale di risulta, naturale e non, trovato in loco, nei sette mesi del “laboratorio”, altre sono l’unione di elementi che contraddistinguevano gli stessi artisti.

    Il bianco e il grigio delle pareti vengono spesso interrotti dalle stesse opere, dai colori e dagli oggetti che “fuoriescono” da esse, interagendo con lo spazio circostante. Un flebile suono di aria, provocato da una ventola di aerazione, (elemento di un’opera), ampliato da un microfono, accoglie e accompagna lo spettatore dall’ingresso, durante tutto il percorso, palesandosi solamente a metà percorso.
    Ingresso padiglione ZAC. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
    Tutto quello che si può vedere all’interno di Zac è il frutto di condivisione di un luogo aperto, privo di limiti perimetrali, in cui il confronto/scontro, la dialettica sul presente e sul futuro, sono stati il fulcro di crescita collettiva e di creatività diffusa. Protagonisti di questa esperienza, più di sessanta artisti Siciliani: energia pulsante del territorio, che con tempi, modi e linguaggi individuali, hanno intrecciato le loro presenze in una mostra che rappresenta il loro dialogo con la città. Un confronto necessario che manifesta armonie e conflitti con essa.

    L’allestimento è curato dal Comitato Scientifico di Zac e da ZisaLab: laboratorio della Facoltà di Architettura, coordinato da Giuseppe Marsala.
    Paola Cancemi. Uroboro (2012). Stampe fotografiche. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
    Partendo da una riflessione sulla città, sull’identità, sui luoghi, le persone e lo spazio, nella serie Urobono, l’artista fotografa delle donne dal viso avvolto dalla propria chioma di capelli, inserite in luoghi in stato di abbandono e/o nelle periferie metropolitane. L’Urobono, è un simbolo che rappresenta la figura del serpente che si morde la coda creando un cerchio. Rappresenta così la continuità ciclica delle cose, la teoria dell’eterno ritorno, la capacità di un essere di concludere la propria fine avviando un nuovo inizio, attraverso la rigenerazione e il cambio di forma. Il lavoro dell’artista nasce dalla riflessione sul concetto di identità e di appartenenza. I luoghi urbani rispecchiano l’identità di chi li abita. 
    Gianluca Paterniti. Palermo, 23 maggio 2012. Stampa fotografica digitale, applicata su alluminio. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
    La fotografia è stata scattata in via Notarbartolo il 23 maggio 2012, in occasione delle celebrazioni in onore del Giudice Giovanni Falcone, nel ventesimo anniversario della sua morte. 
    Sergio D’Amore. Termini Imerese, Fabbrica Automobili. (2013).  Olio, acrilico e spray su tela. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
    Presente anche una riflessione dai risvolti socio-culturali sulle dinamiche attuali legate all’economia industriale, produttiva, turistica e di sviluppo del territorio. Il soggetto, il messaggio è in bilico tra la riconoscibilità e l’autonomia astratta delle linee. 
    Fare Ala. (The) Case. 2013. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
    Lo spazio viene articolato anche tridimensionalmente. Qui il collettivo Fare Ala, nato a Palermo, realizza in fase di laboratorio, uno spazio co-abitato che assume grande centralità. (The) Case diviene un luogo catalizzatore che riassume la forma di rete di relazioni, dove confluiscono i risultati del processo di ricerca, sviluppato durante i mesi di laboratorio. All’interno, l’opera contiene documenti di archivio che hanno supportato tutto il progetto, fino ai video “Muro”, “Scalata” e “Demolizione”, girati dagli stessi artisti all’interno di Zac. 
    Carmelo Nicotra. Comodino. (2013). Legno, mattoni forati, cemento. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
    Il problema delle architetture incompiute nel territorio Siciliano e dell’abitudine diffusa, soprattutto nei paesi, di lasciare le case con le facciate in cemento vivo, segno di un degrado estetico e strutturale, ostentando, all’interno, lusso nelle rifiniture e nell’arredamento, si fa arte in “Comodino”, invitando lo spettatore a riflettere sulla complessità dei rapporti sociali con l’edilizia e con l’estetica del paesaggio. 
    Desislava Mineva. Zona Fertile. (2013). Terra, semi, acqua, fotografie digitali. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
    Qualsiasi materiale è indicato per invitare lo spettatore a riflettere. In questo caso l’artista di origine bulgara, ha creato un’istallazione composta da un cumulo di terra di proprietà comunale che tornerà “germogliata” dopo essere stata toccata e coltivata, all’esterno dei giardini dei Cantieri Culturali alla Zisa. Le piante in vaso, verranno seminate. L’obiettivo è il risveglio delle coscienze palermitane, dopo un impoverimento culturale e ambientale. 
    Francesco Costantino. 1986. (2013). Legno, vernici spray. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
    Con il legno e i rami recuperati nel giardino dei Cantieri Culturali, sono state realizzate numerose opere. 1986 è una grande “nuvola” sospesa che diventa, metaforicamente, un accumulo di energie: energie collettive ma anche intime e personali. Potenziale energetico in grado di implodere o esplodere. 
    Ignazio Mortellaro. Air Density (2013). Cemento, paracadute, ventola, microfono, casse. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
    E’ questa l’opera che genera il suono d’aria che investe lo spettatore fin dall’ingresso dell’ex hangar. L’istallazione composta da un grande piano di cemento, suddiviso in quadrati da una struttura in profilati metallici, secondo la progressione geometrica di Fibonacci, sul quale si adagia un paracadute degli Arditi della Folgore. Il suono dell’aria provocato dalla ventola, registrato e amplificato. Così viene raccontato il confronto/scontro dell’uomo con le leggi della natura, che per essere sperimentate implicano che si accetti anche la possibilità di fallimento. 
    Sara Rizzo. ZAC_SR 6713. Compensato. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
    La storia delle ex- officine Ducrot e in particolar modo le vicende relative all’hangar che ospita ZAC, quando in questo spazio si costruivano cacciabombardieri e idrovolanti per l’Aeronautica Sicula, si legge nell’opera “ZAC_SR 6713”. Sui piccoli aeroplanini accanto a quello più grosso, sono stampati i volti degli operai che hanno lavorato in quel luogo. L’istallazione è accompagnata da una performance.

    Queste e moltissime altre opere, fanno parte di Azīza: parola dal duplice significato. Ziz: “fiore”, in lingua punica e nome dato alla città di Palermo alla sua fondazione e al-‘Aziza: “la splendida” chiamato così il Palazzo della Zisa (monumento che fronteggia il padiglione ZAC) dagli arabi. “Azīza” o “azzizza” è anche, nel dialetto locale, la parola che indica l’arte di abbellire, di arrangiarsi, di trasformare con creatività le cose, metafora che gli artisti hanno voluto adottare, per meglio comunicare la loro esperienza laboratoriale di questi mesi.

    Zac, spazio concepito molti anni fa come sede del Museo d’Arte Contemporanea di Palermo, dallo scorso 16 dicembre si misura con l’idea di Museo non tradizionale, un luogo di ricerca e costantemente in definizione.
    Aziza rappresenta una prima tappa nella definizione della futura identità di ZAC. Progetto che sposa la candidatura di Palermo a Capitale europea della Cultura 2019. Tutto il lavoro svolto dentro ZAC è dedicato all’artista Andrea Di Marco.

    ZAC Zisa Zona Arti Contemporanee – Palermo.
    12 luglio -17 novembre 2013.

    Fiorella Bonifacio   

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    LIBRI PER BAMBINI | La baracca dei sogni, le rime delle filastrocche di Gina Corradetti

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    Le rime delle filastrocche di Gina Corradetti si colorano di rosa confetto, giallo e tanto blu nelle sue diverse gradazioni. Gli animali hanno nomi che diventano scioglilingua e le favole ritornano a essere canzoni e stornelli da ripetere in forma di cantilena.
    Gina Corradetti, La baracca dei sogni
    Calvino scriveva che “per progettare un libro [...] la prima cosa è sapere cosa escludere”, Gina Corradetti è autrice e disegnatrice de La baracca dei sogni e, in questa raccolta di filastrocche, sa escludere qualsiasi forma d’artificio, riprendere la tradizione orale della favola nella sua forma originale: la filastrocca e, nel disegno, riscoprire la morbidezza dell’acquerello con cui inventa figure semplici.
    Il suo è un disegno naturalmente ingenuo e genuino, senza l’artificio dell’elaborazione digitale. La Corradetti ha escluso i richiami all’illustrazione d’oltralpe, più corposa ed elaborata; ha escluso le favole osannate dalle produzioni cinematografiche e trasformate secondo la moda gotica del momento, e ha preferito il blu del mare che caratterizza la sua città: Salerno; ha popolato le sue strofe dei gatti che la circondano e ha trasformato altri animai in simboli utili per imparare e giocare.
    Le sue filastrocche sono come giocattoli antichi: divertenti e comprensibili, frutto di una sapiente mano artigiana, resistenti all’usura e privi della serialità della catena di montaggio. Preziosi giochi di parole che potrebbero essere scritte in bella calligrafia da una mano bianca che stringe una penna stilografica; hanno il sapore antico di quando ancora ai bambini si voleva spiegare che bisognava tendere alla pace. In un tempo in cui la guerra è diventata un gioco troppo reale da vivere in 3D, e i personaggi della fantasia sono talmente ben rappresentati da lasciar poco spazio all’immaginazione, l’autrice de La baracca dei sogni compie un passo decisamente controcorrente: ha escluso, seguendo la lezione di Calvino, il più importante teorico della favola della tradizione italiana, e ha scelto di tornare alla semplificazione regalando così qualcosa di totalmente nuovo ai bambini e agli adulti.

    Gina Corradetti, La baracca dei sogni, CUES, pag. 48, € 9,00

    Rossana Calbi   

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    ARCHITECTURE | Wonderland. Platform for European Architecture

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    Wonderlandè una piattaforma per l'architettura europea, con base in Austria e più precisamente a Vienna, ma in realtà un progetto sempre in evoluzione e itinerante, per lo sviluppo di progetti e ricerche nel campo dell'architettura e della pianificazione urbana, in varie città e contesti europei.


    Logo© Wonderland



    Il progetto si basa sul networking e sul coworking: i partners sono giovani e promittenti, e a volte anche affermati, architetti e studi associati, sparsi in tutta l'Europa, che periodicamente scambiano esperienze e idee, mettendole a fattor comune, per una pratica dell'architettura più consapevole.

    © Wonderland
    I membri di Wonderland curano anche periodiche pubblicazioni, mezzo utile per fissare e meglio diffondere i risultati raggiunti attraverso il lavoro di ricerca e di progettazione.

    Silvia Forlati, Anna Isopp © Wonderland - Manual for emerging architect
    Attraverso le sezioni dedicate del sito web, Project Space, Blind Date, Undercostructions ed Events, Wonderland propone workshops, concorsi, riunioni e mostre, in cui di volta in volta, i membri dell'organizzazione e diversi architetti europei vengono coinvolti e selezionati, per raccontare i propri progetti e la propria pratica professionale. Le attività di incontro e confronto permanente sono essenziali per il dibattito sulle tematiche, che coinvolgono l'attuale stato dell'architettura in diversi centri europei, e per lo scambio di conoscenze e metodologie, utili per affrontare interventi in diverse aree urbane, a scala differente.

    blind date & project space, Saint-Denis - Paris© Wonderland, Alexis Lautier

    blind date & project space, Saint-Denis - Paris© Wonderland, Alexis Lautier

    blind date & project space, Saint-Denis - Paris© Wonderland, Alexis Lautier

    blind date © Wonderland, Iris Priewasser

    WONDERLAND  
    platform for european architecture
    Weyringergasse 36/8
    1040 Vienna
    Austria

    +43 680 32 599 06


    Martina Giustra 

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    WHO ARE YOU | Veronica Salvini, lo specchio del tempo

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    Veronica Salvini vive a Brescia, anche se ha vissuto a Milano per un buon periodo lavorando come sarta di scena per il teatro d’opera italiano. Ora ha da pochissimo aperto un laboratorio sartoriale collaborando con creativi di ogni estrazione. Fotografa da quando era bambina, precisamente da quando suo padre le ha messo in mano una Yashica Electro 35 per fotografare le vacanze al mare in Liguria con la famiglia, macchina fotografica che ancor oggi utilizza. Ricama sulle fotografie che fa ad amici e nei posti che ama, e decide di dedicarsi alla pulizia dell'immagine più che può.
    Mi sono ritrovato faccia a faccia con le sue foto nel gruppo flickr e l'intervista di oggi è dedicata a lei.
    © Veronica Salvini
    • La prima cosa a cui pensi appena sveglia?
    Ancora 5 minuti!

    • Di cosa hai una scorta?
    Non resto mai senza: mandorle, rullini, fogli di carta.

    • Una parola o un'espressione che ami? E una che odi?
    Amo il perenne monito "Il male non ha vegetazione" di Alda Merini e odio la frase supponente "secondo me dovresti smetterla di studiare".
    © Veronica Salvini
    • Di cosa hai bisogno per essere felice?
    Poche cose: Daniele, la mia yashica, acqua e forse un cane (cocker).

    • In questo mondo le persone si dividono in?
    Amatori e professionisti.

    • Un politico, una popstar o un artista che ammiri particolarmente per vari motivi?
    Miranda July, un’artista che coinvolge e sorprende sempre. Bisognerebbe imparare da lei.
    © Veronica Salvini
    • Il luogo più importante di casa tua?
    La stanza dello stereo (enorme stereo a cui serve una stanza).

    • Tre posti dove dove non sei mai stata e che vorresti vedere?
    Bucarest, Montreal e Kyoto.

    • Pensando all'Italia, qual è la prima cosa che ti viene in mente?
    I vicoli di Roma, la città rosa e senza tempo dove mi è capitato di vivere qualche mese per lavoro. Roma non si scorda mai.
    © Veronica Salvini
    • Quale città d'Italia ti attrae per il suo ambiente creativo?
    Brescia è inaspettatamente una culla di ambizioni creative e un’interessante terreno fertile per musica e moda. Appurate anche voi.

    • Cosa volevi fare a 14 anni?
    La fumettista.

    • Cosa non indosseresti mai?
    Ci sto pensando, qualcosa che si scioglie credo.
    © Veronica Salvini
    • Che cos'è per te la creatività?
    Mi viene in mente una citazione da "Fantasia" di Munari, un libro che ogni creativo ha letto "tutto ciò che prima non c'era ma realizzabile in modo essenziale e globale". Direi che non c'è nulla da aggiungere.

    • Da cosa trai ispirazione per i tuoi progetti?
    Da tutto, dai musei della scienza, a un libro di narrativa, alla chiacchierata con un amico, alle notizie di cronaca, mangio, mi confronto ed elaboro.

    • Che definizione hai per la fotografia?
    Lo specchio del tempo.
    © Veronica Salvini
    • Qual è il posto dove riesci a trovare più idee?
    La casa dei miei genitori in campagna tra grilli e canti di tortore.

    • Che cos'è per te il lusso?
    Permettersi di non fare i conti con lo stipendio.

    • Un film recente che ti è piaciuto? Perché?
    Holy Motors… perché? Guardatelo! Vi sconvolgerà!
    © Veronica Salvini
    • L'ultimo libro letto?
    "La porta proibita" di Terzani.

    • Una colonna sonora delle tue giornate?
    The Ronettes, Scott Matthew, The Churchill Outfit, Neil Young, Elliot Smith, Corinne Bailey Rae, Billie Holiday, Le Case del Futuro, Claudia is on the sofa, Battisti…

    • Un sito che tutti dovrebbero visitare?
    © Veronica Salvini
    • Cosa o chi consideri sopravvalutato oggi?
    Il denaro.

    • Un aneddoto indimenticabile legato alla tua attività?
    Ricorderò sempre la mia prima passeggiata al terzo piano elettricisti durante l’atto di un’opera nel buio del dietro le quinte sul palco più bello del mondo, quello scaligero. Le voci ovattate dal sipario e i ballerini intenti a sciogliere i muscoli a corte.

    • Con chi ti piacerebbe lavorare?
    Con ragazzi svegli e solidali... ma ci lavoro già! Gianluca Sturmann e Carlo Lamberti vi adoro!
    © Veronica Salvini
    • Cosa provi quando rivedi alcuni progetti di due o tre anni fa?
    Mamma mia!

    • L'ultima cosa che fai prima di dormire?
    Stretching.

    • Progetti per il futuro?
    Un ufficio stile.
    © Veronica Salvini
    • Link dove è possibile vedere quello che fai o dove seguirti?

    • Una frase o un pensiero per concludere l'intervista?
    Mai rinunciare a qualcosa di meraviglioso per qualcosa di concreto.

    Roberto Arleo   

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