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SCENOGRAFIA | Ecuba studio. Mothia (Marsala)

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Continuo e incessante è il canto di cicale che accoglie i turisti sbarcati nell’isola di Mothia come per imporre loro il silenzio e spiegare che lì la natura è incontaminata e l’uomo è solo di passaggio, pur essendo a pochissimi km da Marsala.
Nella laguna dello Stagnone, riserva naturale, l’isola si impone, unica, per la sua storia, per i resti dell’antica città fenicia e punica che vi sorse e la occupò interamente.
Fichi d’india, aloe, pini e altre piante mediterranee sono la scenografia naturale di un paesaggio interrotto frequentemente da reperti archeologici.

Isola di Mothia e alcuni reperti archeologici. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
E’ questa una delle scenografie naturali per una serie di spettacoli appartenenti alla nona edizione di Teatri di Pietra Sicilia: la rete culturale per la valorizzazione dei teatri antichi e dei siti monumentali attraverso lo spettacolo dal vivo, che ha coinvolto i siti archeologici e le aree monumentali, ospitando, quest’anno cinque produzioni di MDA produzioni Danza, la compagnia fondata nel 1977 da Hal Yamanouchi e Aurelio Gatti.

Isola di Mothia - Museo Whitaker. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
Gli appuntamenti, puntualmente al tramonto, hanno dato la possibilità ad un pubblico di nicchia, giunto sull’isola da Marsala in barca, di godere degli spettacoli con la luce del sole e al buio, con sufficiente e non molesta luce artificiale. Spettacoli accompagnati sempre dal coro delle cicale.
La location, accanto al museo della Fondazine Whitaker, che accoglie numerosissimi reperti archeologici ritrovati nell’isola, ha goduto di un allestimento minimal. Gli attori i protagonisti e il mare che separa il vicino skyline di Marsala, come seconda scenografia.

Museo Whitaker. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
L’8 agosto la compagnia MDA, puntando sulla donna, ha portato in scena a Mothia “Ecuba studio”, nato dalla raccolta dei materiali elaborati per la messa in scena dell’Ecuba euripidea con temi suscitati dall'approfondimento del personaggio Ecuba: madre di cento figli‚ regina di Ilio. La cagna/Ecuba nasce dalla consapevolezza dell'annullamento di una stirpe‚ di una città e della sua civiltà. Spettacolo di teatro danza, con la regia e coreografie di Aurelio Gatti, ispirato alle opere di Euripide e Seneca. Mitologia greca in un luogo fenicio. In questo lavoro Ecuba è anche l'estrema difesa dell’identità e della storia‚ donna prima ancora che regina, che cerca strenuamente di “salvare” la memoria di una razza‚ di un popolo e di una discendenza. Una messa in scena che di intimo ha solo il ricordo di Polissena, il resto è solo sgomento per l’annullamento di una civiltà, di una famiglia e di una vita, quella di Troia.


“Ecuba studio” di Aurelio Gatti - Mda produzioni Danza. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
Tre le lingue utilizzate per questo spettacolo, la danza‚ la musica e la parola, per inviare un unico messaggio: ogni guerra è un immane misfatto dell’uomo‚ è un male terribile per tutti‚ vincitori e vinti. E il cuore femminile‚ più di quello maschile‚ ne è travolto e grida‚ con tutta la forza della passione e dell'amore. È insanabile la lacerazione di una madre‚ di una sposa‚ di una sorella o di una figlia; insostenibile la loro sofferenza‚ irrefrenabili la loro maledizione e la loro vendetta. “Donne! Chiamatemi Polinessena!” è l’urlo incessante di Ecuba. “Non c’è nessuno al mondo di cui ci si possa fidare!”




“Ecuba studio” di Aurelio Gatti - Mda produzioni Danza. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
Il teatro tragico greco è‚ in tal  modo‚ rimesso al centro della scena fosca e insanguinata della nostra epoca; è riproposto come sintesi di tutti tempi degli uomini‚ devastati sempre dalla brama di potere che genera la guerra‚ e sempre sopravvissuti grazie allo stesso dolore, all'incrollabile volontà di espungerlo‚ volta per volta‚ dal proprio grembo. In Ecuba non c'è il fascino misterioso e romantico dell'irrazionale‚ quanto la coscienza agghiacciante dell'annullamento della sua esistenza come parte di una vita‚ di un popolo e della sua storia.


“Ecuba studio” di Aurelio Gatti - Mda produzioni Danza. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
La rassegna, ideata da Capua Antica Festival e diretta da Aurelio Gatti, quest’anno è stata promossa direttamente dai Comuni coinvolti con il sostegno dall'Associazione Teatri di Pietra Sicilia e Capua Antica Festival, in collaborazione con numerosi enti e organismi culturali di pregio come la Fondazione Whitaker, il FAI di Agrigento e il Polo Museale Pepoli di Trapani.
In scena Cinzia Maccagnano e le danzatrici Luna Marongiu, Carlotta Bruni e Rosa Merlino, sulle musiche originali di Lucrezio De Seta.

Altri appuntamenti notevoli dell’estate 2013, sull’isola fenicia per “Teatri di pietra” sono stati: “L’Oracolo di Delfi”, “Caligola”, “Le Rane” e “Cassandra”.

MDA vi aspetta per "L'Oracolo di Delfi" al Tempio della Concordia - Agrigento il 28 agosto 2013 e per "Metamorphoses" al Museo Lavinium - Pomezia l' 1 settembre 2013.


Fiorella Bonifacio  

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SECRET CITY LIFE | Milano. Romanticherie e “Hipsterismi” nel parco delle basiliche

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Ci sono posti di Milano che considero immancabili nella mia giovane esistenza e il parco delle basiliche è sicuramente uno di questi.

Nascosto dietro la chiesa di Sant’Eustorgio e la super-mega-fantasticamente-hipster Corso di Porta Ticinese il parco si apre come un polmoncino verde al di la del caos e del traffico di Piazza XXIV Maggio.

Accedervi non è difficile.
Arrivati in Piazza XXIVMaggio, entrate in Corso di Porta Ticinese e subito sulla sinistra superato il superpienoemaichiusoMac Donald addentratevi in quella via soave in cui padroneggia la meta più ambita del Milanese Imbruttito… California Bakery.

Ecco ci siete. Superato l’odore proveniente dalla cucina dei pancakes più costosi e “in” del mondo, troverete uno dei punti di accesso del parco.


E’ bello visitarlo in qualunque momento della giornata e in tutte le giornate della settimana. Insomma è un luogo da 24 ore su 24!
Peccato che ad un certo punto della sera i cancelli si chiudano senza grande preavviso e il rischio di rimanere chiusi dentro il parco sia molto grande. (In 6 anni di vita milanese non mi è mai successo… ma aneddoti di quartiere raccontano che capiti spesso)

Il parco comunque si presta ad essere visitato non soltanto perché affaccia su una delle più belle e famose chiese milanesi, ma perché è il luogo d’incontro di strani personaggi mistici: band sgangherate; vecchine pronte a raccontarvi la loro rocambolesca storia; uomini dal fascino vissuto e dalla fiaschetta di liquore sempre un po’ troppo piena; madri milf con bambini modelli; hipsteroni dal mood dannatamente bello e maledetto, attrezzati dell’irrinunciabile bici, Lomo e libro di Fleubert - giusto per dare quel tono da intellettuale smarrito; punk della domenica con finto pitbull da combattimento (i pitbull sono tra gli animali più dolci che io conosca … non vedo perché la gente ignorante debba averne paura), e infine anche qualcuno di normale, tipo me (si, dai, sono nella media delle gente anonima).





Questo parco è davvero magnifico per chi fa street photography, la possibilità di beccare belle scene da immortalare è davvero alta. Sono due però i momenti in cui si raggiunge l’apice della bellezza: al calar del sole di ogni giorno e il sabato e la domenica a mezzogiorno durante il brunch di California Bakery.

Per quanto io non sia un’estimatrice della Bakery più famosa di Milano, la sua idea di distribuire cestini da pique nique per coloro che vogliono fare il brunch - ma non hanno prenotato due mesi prima per avere un tavolo - mi sembra geniale. I cestini sembrano esteticamente ben fatti. Le tovaglie richiamano i colori della tradizione. Sul cibo non mi espongo non avendolo mai addentato. Tuttavia tutto ciò genera scene colorate nel parco, pronte ad essere scattate. Consiglio vivamente di portarsi un bello zoom potente, per non farvi cogliere con l’obiettivo puntato sulla marmellata altrui.

E con questo vi abbandono anche oggi! 

PS. Se qualcuno armato di santa pazienza vuole portarmi da California Bakery a sue spese per farmi ricredere, io sono disponibile dal 2 settembre 

Margaret Anderson  

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WHO ARE YOU | Donatello Trisolino, ascoltare storie

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Donatello Trisolino, vive a Urbino dal 2001. È appassionato di ICT e di arti visive, ha unito passioni e lavoro intraprendendo una carriera di web designer/webmaster. Lavora per l'Università di Urbino dal 2002.
Nel 2009 incontra Stefano Bramucci della Scuola di fotografia Santa Maria del Suffragio di Fano (www.scuoladifotografia.info) dove ha un primo contatto con la fotografia analogica, le tecniche di ripresa e la fotografia in bianco e nero. Nel 2011 diventa contributor di Getty Images. 
La rubrica who are you oggi è dedicata a lui. 
© Donatello Trisolino
• La prima cosa a cui pensi appena sveglio?
Al sole. Se c'è luce sarà sicuramente un buona giornata.

• Di cosa hai una scorta?
Di batterie (perché vivo wireless) e di buon umore.

• Una parola o un'espressione che ami? E una che odi?
Amo dire "grazie", "buon lavoro" oppure "prego" cedendo il posto alla cassa del supermercato. Adoro vedere le reazioni delle persone quando compi una gentilezza. Siamo sempre di fretta, affannosamente di fretta, quando qualcuno si pone con gentilezza è sconvolgente.
Odio le frasi fatte, tutte, senza distinzione alcuna. Una tra tutte, ad esempio: che il cielo ce la mandi buona.
© Donatello Trisolino
• Di cosa hai bisogno per essere felice?
Di poco e di cose semplici, come un tramonto, un buon libro, un racconto, di una persona cara che sappia ascoltare, di una persona cara che abbia qualcosa da dire.

• In questo mondo le persone si dividono in?
Persone che hanno idee folli e in persone che per pigrizia non hanno la forza di pensare e conseguentemente si adattano agli schemi.

• Un politico, una popstar o un artista che ammiri particolarmente per vari motivi?
Sicuramente Modì, Dedo Modigliani, l'ultimo romantico come lo definisce Augias. Mi ha sempre affascinato la sua personalità estrema, profonda e tormentata. Il suo modo di vedere le cose in maniera raffinata e allo stesso tempo appannate. Accanto a lui Vinicio Capossela che ha saputo cantarlo nel migliore dei modi. L'album Modì del 1991 è uno dei miei preferiti. 
© Donatello Trisolino
• Il luogo più importante di casa tua?
La doccia e il perché lo spiegherò più avanti.

• Tre posti dove dove non sei mai stato e che vorresti vedere?
Los Angeles d'estate, New York in autunno, il sud della Francia a settembre e l'Andalusia in primavera. 

• Pensando all'Italia, qual è la prima cosa che ti viene in mente?
Penso al tempo e alle opportunità che abbiamo perso.
© Donatello Trisolino
• Quale città d'Italia ti attrae per il suo ambiente creativo?
Anche in questo mi ritengo molto fortunato perché vivo Urbino. Come diceva Carlo Bo (Rettore dell'università per 54 anni): “Non siete mai stati a Urbino? Se continuerete a rispondere di no, dovrete sentirvi in colpa, perché vi mancherà una dimensione della civiltà italiana. E questo lo si dice non soltanto per quello che è il suo patrimonio artistico, no, lo si dice per quella che è la fisionomia stessa della città, per la sua aria, per la straordinaria bellezza della sua terra. Urbino è un paesaggio incantato”.

• Cosa volevi fare a 14 anni?
Il lavoro che faccio ora, nulla di più. Ho investito tanto e lavorato sodo per fare quello che faccio. Mi ritengo una persona fortunata, nel mio percorso ho trovato sempre persone disponibili che mi hanno ascoltato e soprattutto che hanno dato spazio alle mie idee.

• Cosa non indosseresti mai?
Maglie con colori sgargianti o a righe (sia orizzontali che verticali).
© Donatello Trisolino
• Che cos'è per te la creatività?
La creatività è quella scintilla che si accende quando ti fai la doccia la mattina prima di uscire di casa. Magari hai passato giorni e giorni (e anche notti) a vagliare ipotesi e soluzioni e poi ad un tratto qualcosa si accende e i pensieri cominciano a prendere forma.

• Da cosa trai ispirazione per i tuoi progetti?
Ascoltare storie. Ognuno di noi è la somma delle persone che ha incontrato nella propria vita. In questo momento tutti parlano, i social network hanno dato un forte impulso a questa attività, siamo diventati grandi produttori di contenuti ma secondo me ci sono poche persone che leggono o ascoltano.

• Che definizione hai per la fotografia?
Per me la fotografia è fatica e sentimento. 
© Donatello Trisolino
• Qual è il posto dove riesci a trovare più idee?
Di solito in macchina, mentre viaggio, col finestrino aperto e la radio spenta.

• Che cos'è per te il lusso?
Qualcosa che non saprei spiegare. 

• Un film recente che ti è piaciuto? Perché?
Django Unchained. Perché adoro Tarantino.
© Donatello Trisolino
• L'ultimo libro letto?
Mario Giacomelli di Simona Guerra.

• Una colonna sonora delle tue giornate?
Ne ho diverse e poi dipende dalle giornate. Alcuni giorni potrebbe andar bene The Final Countdown oppure Wish You Were Here e Time, in altri Can't Help Falling in Love.

• Un sito che tutti dovrebbero visitare?
www.fubiz.net e nelle ultime due settimane una pagina di Facebook intitolata Monocromatica (https://www.facebook.com/monocromatica.it). Ci sono foto, solo foto, senza didascalie con parole e pensieri. Nella descrizione solo il nome dell'autore.
© Donatello Trisolino
• Un aneddoto indimenticabile legato alla tua attività? 
La contentezza il giorno in cui mi comunicarono che il portale web d'ateneo che avevo sviluppato (secondo il Censis e Repubblica.it) venne riportato come primo tra tutti i portali universitari d'Italia. Fotograficamente parlando il giorno in cui Getty Images ha selezionato 10 lavori facendomi entrare nel mondo dei Contributor Photographer.

• Con chi ti piacerebbe lavorare?
Mi piacerebbe lavorare con Monica Silva (www.monicasilva.it), non penso di averle mai detto una cosa simile, ne approfitto. Ciao Monica!

• Cosa provi quando rivedi alcuni progetti di due o tre anni fa?
Sono ipercritico con me stesso, a volte anche troppo. Butterei tutto nel cestino e ricomincerei da zero.
© Donatello Trisolino
• L'ultima cosa che fai prima di dormire?
Do un occhiata alle notifiche.

• Progetti per il futuro?
Tanti ma non ne parlo mai, ne parlo solo dopo che li ho realizzati.

• Link dove è possibile vedere quello che fai o dove seguirti? 
Su Getty Images http://bit.ly/17UF7cf
© Donatello Trisolino
• Una frase o un pensiero per concludere l'intervista?
Mi piace pensare a Steve Jobs che motiva il team del Macintosh al grido di "Voi siete i pirati, non la Marina".

Roberto Arleo    

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INTERVISTA | Tatiane Araujo: “A New York mi sento viva”

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Il dripping di Tatiane Araujo approda nuovamente a New York, dopo l’ultima performance live in occasione di Roma Vintage l’artista brasiliana è ripartita per gli States. Sempre in movimento, l’Araujo lega la sua arte alle movenze del colore e delle idee, le sfumature non le appartengono, lei sceglie le tinte decise e ne fa quello che vuole. 
La sua gestualità diventa un tutt’uno con tela su cui imprime la sua leggerezza dello spirito, è questo che le permette di esprimersi con la forza del gesto pollockiano e l’ha fatta selezionare come unica artista concettuale della collettiva Art & Music che ha ufficializzato il suo rientro artistico a New York. 
 La curatrice Esther Nash ha percepito la sua forza espressiva e seguirà la curatela del primo wall painting dell'artista brasiliana che inizierà a prendere forma il 29 agosto. Il murales permanente sarà ospitato da TownHouse Gallery di Brooklyn che diventerà il punto di riferimento di Tatiane Araujo.


• Di nuovo in viaggio: a New York ti sei rimessa a studiare e stai lavorando a nuovi progetti; raccontaci la tua ultima mostra nella città che non dorme mai.  
La mostra, che si è tenuta il 3 agosto a Brooklyn, organizzata da una casa discografica: Las Roaches Suite, è stata un’esperienza nuova, divertente e ha rispecchiato perfettamente lo spirito della Grande mela, ovvero fratellanza e unione di generi diversi. Cinque visual artists, djs e rappers si sono uniti per dar vita a questa prima e speriamo lunga serie di eventi.

• Cosa trovi in New York di così speciale da costringerti a tornarci per cambiare le tue diverse direzioni artistiche? 
Quest’anno torno a NY per la quinta volta. E proprio quest’anno ho capito davvero cos’è che mi piace realmente di questa città: le persone che la abitano.
New York è affascinante, architettonicamente sbalorditiva e offre tantissimo da tutti i punti di vista: arte, divertimento, spettacoli, gastronomia... Ma a renderla così speciale sono proprio i newyorkesi, pochi realmente nati qua ma tutti desiderosi di conoscenza e di interscambio culturale.
È una città dove vieni investito dalla voglia di comunicare, scambiare emozioni ed esperienze con il prossimo e questo succede ogni giorno: sulla metro, in fila per il bagno o al supermercato.
Io a New York mi sento viva e parte di un mondo che mi appartiene.

• Hai intitolato un tuo recente progetto artistico RAIZES, radici in portoghese, come se nonostante i tuoi continui spostamenti tu abbia bisogno di ricordare a chi guarda i tuoi colori da dove arrivi, quali sono le tue radici artistiche? 

Quest’anno è stato molto importante per me, ho iniziato a guardare dentro me stessa con spirito critico e sincero. Ho capito che per esistere tutti noi ci attacchiamo a un senso di appartenenza. Io l’ho trovato tornando a vivere a casa con mia madre dopo dodici anni di vita indipendente. Noi siamo fatti di Radici. Da qui parte il mio progetto: scoprire la mia appartenenza alla Terra. Le mie radici ora sono ben salde dentro me e posso viaggiare ovunque senza sentirmi mai persa. Questa scoperta mi ha regalato un senso di pace interiore e un’incredibile voglia di scoprire il mondo.
Le mie radici artistiche sono il Brasile, i suoi colori, la sua gioia, sono la mia famiglia matriarcale, l’amore e l’ammirazione per il coraggio e la forza delle donne. Le mie radici sono forti e dure, affrontano gioie e dolori, da qui il bisogno sempre più forte di trasmettere queste emozioni, è così quando dipingo su una tela, quando dipingo un corpo o una qualsiasi altra superficie, in quel momento pianto un po’ di me.

• Cosa c’è di strano e insolito nella tua arte, quel paradosso che appartiene solo a te? 
Bella domanda! In realtà sto ancora cercando di capirlo!
Quello che posso dire, dal mio intimo, è che da una parte nella mia esperienza artistica c’è una voglia disperata di libertà, come se io volessi gridare al mondo: “Ehilà io sono qui, e vorrei condividere con tutti il mio amore per la vita”.
Dall’altro lato, in ogni mio lavoro c’è una parte segreta, che solo io conosco e che non svelo mai a nessuno. È il mio posto magico dove nascondo alcuni lati del passato e alcune paure.
Rossana Calbi

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DIARY 2.0 | L'incontro di Tempra e Mitico - 01

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Inauguriamo una nuova rubrica fatta di racconti. Parla di due protagonisti reali, Tempra e Mitico, romani, si incontrano e vivono una storia che di reale non ha nulla, costretti dalla calamita che li attrae loro malgrado, a viverla nell'unico modo cui sono capaci: il filo delle parole. Le  brevi situazioni che si ritrovano a vivere, diventano post-it che raccontano il non-vissuto nelle immagini della loro fantasia, post-it che ognuno di loro col proprio stile e la propria personalità lascerà all'altro, consapevoli che il filo che rende reale e li tiene sospesi. È l'attimo, fuggevole unico istante, concesso a loro di vivere insieme e che viene dilatato grazie al nutrimento che la parola arricchirà di volta in volta. Ogni istante diventerà una pennellata di colori e di emozioni, ampliata dall'immaginazione, nell'attesa che altri momenti brevi arrivino a renderla viva. 
Stupore, ironia e romanticismo si mescolano per celare il dolore della fine sempre incombente, come se vivessero in una bolla sospesa nell'aria che li sospingerà per quattro mesi in una storia impossibile, vissuta su una panchina, uno scooter, in un bar, alla fermata del binario di un treno. 
Dialoghi surreali e luoghi appannati in una storia di testa e sesso, molto testa e meno sesso, trasferito anch'esso nell'immaginario personaggio che corre in autostrada. 
Questa rubrica si chiama Diary 2.0 ed è a firma di Tempra e Mitico.
Parte da qui.

© brunifia

"Allora adesso siamo fidanzati!" irrompeva Mitico avvicinandosi con il viso al suo, sulla scala mobile.
Lei si fermava, sorpresa, si girava e lo guardava, quasi inciampava sul gradino che si muoveva.
Poco prima aveva acquistato un ombrello perchè la pioggia li aveva colpiti, e lei pensava ai suoi capelli, che arricciati sarebbero diventati mostruosi, non voleva. Perchè poi? Si sorprese a pensare, in fondo era uscita per recarsi ad una manifestazione contro la violenza del lavoro sui lavoratori, insomma, una cosa che sapeva molto di articolato e fuori costrutto... I capelli erano salvi, ma adesso che rispondere? Quel Mitico, come lo chiamavano in ufficio, rosso dentro e fuori più chiaro, forse lo aveva sorpresa più di quello che pensava, per questo, forse, quella volta alla festa della pensione gli era quasi saltata addosso per  fare la foto o lo invitava a fare Che Guevara... sto impazzita, pensava... mentre lui rideva sornione e dolce, con la voce calda e mostruosamente sigarosa. Era talmente vicino come non lo era mai stato che ebbe una leggera vaghezza... 
"No… dico, ora che siamo usciti da soli… siamo fidanzatai!"- "hihhihi" e rideva e si sganasciava... Mitico. 
Sembravano due scemi che saltavano la prima metro e che si smarrivano alla discesa non riconoscendo dove si dovevano recare. 
In quei pochi minuti le vennero in mente tutte le altre occasioni in cui ce l'aveva avuto vicino. Pioveva
sempre, tutte le manifestazioni cui avevano partecipato li avevano visti zuppi e felici, con i fischietti e il megafono… e una volta, addirittura, le aveva offerto un passaggio sullo scooter, anch'esso naturalmente Mitico, che cavalcava come su un destriero imbizzarrito.
Questo se lo ricordava molto bene, perchè scendendo aveva detto a se' stessa: "Col cavolo che ci rimonto", "Pauuura?? eh??!!" - "Macchè!" rispondeva riaggiustandosi il culetto. Ma questo era successo tanti mesi prima, tanti mesi prima… 
E ora che stava accadendo? - Dove stiamo andando? Intanto lui parlava: "ehh lo so ti sei fatta una idea di me, che sono un uomo impegnatissimo, nella vita e nel sociale, ma tu qualche mese fa mi hai lanciato freccette d'amore altro che, m'hai messo la polverina magica ogni volta che ti avvicinavi con le tue gonnelline fruscianti e ridevi, Dio come ridevi… non posso essermi sbagliato, eh che dici? Ci fidanziamo? O almeno... conosciamoci!" 
"Conosciamoci" ma che significa conosciamoci! già ti ho detto tutto, raccontato la mia vita, i miei figli, brevi accenni delle mie infrazioni sentimentali, passioni la natura, la fotografia, per la politica, insomma siamo ottimi amici, ma sei anche sei l'uomo perfetto e intoccabile… GIAMMAI!" e già gli alitava addosso il sapore di gomma alla menta con quel sorriso compiacente e smarrito. Non sanno come quel pomeriggio, dopo la riunione, riuscirono a ritrovare la strada che li conduceva al binario 12, smarriti, mani che si incrociavano di tanto in tanto, i visi paonazzi per essere usciti allo scoperto... e quel "conosciamoci" che rimbombava nel cervello.

Tempra
  
© brunifia

Foto, la scatta un sensibile fotografo in una metro romana: biondi, a 20 cm uno di fronte all'altra, le mani vicine che sembra stiano per agganciarsi. Intorno tante persone e una metro con le porte aperte dove le persone stanno per entrare o sono entrate, loro no, si guardano e stanno parlando.
Non si distinguono bene i volti, la foto è stata fatta con un 80 millimetri, ma i loro lineamenti, il loro modo di vestirsi, la posizione dei corpi suggerisce bellezza, e diversità.
Tutti entrano ed escono dalla metro e loro? Stanno là devono andare da qualche parte, ma non si muovono, parlano e si guardano, sono diversi da chi entra o esce per andare a casa, al lavoro o da qualche parte. 
Non se lo chiedono dove vogliono andare.
L’occhio del fotografo può leggere tutto questo, può cogliere l’attimo. Come un cercatore di funghi capisce dalla diversa altezza dell’erba la presenza di un Prugnolo, il fotografo riconosce la presenza, la particolarità, può indovinarne la razza dell’attimo, ha capito che lì in mezzo a quell’erba di pendolari c’è un amore.
Un vigilante ha notato quei due biondi che non entrano e non escono e stanno li, a fare che? Meglio controllare col microfono direzionale, non registrerà, ma è meglio essere prudenti.
Sonoro; Lui: "Mi piaci troppo, conosciamoci meglio. Di te mi piace tutto, gli occhi, il ridere, la passione, la forza. C’hai la Tempra".
Lei: "Mitico mi spiazzi. Davvero mi spiazzi. Non credevo, non potevo immaginare".
E così come l’ape guerriera gira intorno all’alveare a sprecare quasi tutto il suo tempo in un'inutile vigilanza, l’addetto alla sicurezza commenta sollevato con il suo collega guerriero, che non c’è problema sono soltanto due babbioni che vogliono appartarsi e giocano a fare gli innamorati.
Lui si chiama Mitico, lei si chiama Tempra cosa fanno nella vita e chi sono lo sa la ‘Rete’ il web 2.0.
Un grande fratello spontaneamente organizzato sta tracciando due biondi romani ma il regista occulto vuole saperne di più, non ha ancora identificato i gusti commerciali dei due, non capisce i servizi che potrà proporgli. Ha visto bene il fotografo e allora si deve orientare su agenzie di viaggio, fiorai, gioiellerie? O ha sentito meglio il vigilante e allora una pensione al mare, un bar, una panchina, una libreria, una scalinata al Colle Oppio?

Mitico  

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SUNDAY OF FLICKR | Meglio avere chi ti apre la porta

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"Meglio avere chi ti apre la porta" recita così una frase di Dino Basili, la selezione di oggi è il risultato che ha ispirato questa frase, buona visione.

© MB (la spezia)

© mmssphotographic

© MB (la spezia)

© graziano19

© Rolf Bach

© Riccardo Bandiera

© Vince Neuwirth :-) Very Busy

© nonplusultra22

© Davide Ciriello

© Riccardo Bandiera

© Giu

© Davide Ciriello
Una selezione settimanale delle immagini pubblicate sul nostro gruppo flickr.
Un brainstorming di immagini per trovare ispirazione!
Roberto Arleo    

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BRASILE | N Design, tra architettura, design e arte

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Spazio al Brasile…
Se ami l'umanità, e desideri vedere Bahia con occhi d'amore e di comprensione, allora sarò la tua guida. Jorge Amado

Cosa sta accadendo in Brasile?
Un popolo che non si vuole più accontentare del salario minimo, giovani che vogliono lottare per i loro diritti e per essere ascoltati. Un Paese in crescita, un PIL alle stelle e come ci insegna la storia è questo il momento anche di una grande crescita artistica.

Tra le regioni dove c’è più fermento, dove c’è un’alta mescolanza di razze, cultura e religione troviamo Bahia… Chiunque inizierà a raccontare di questa regione, lo farà con un sospiro e con un sorriso pieno di “saudade”.
Così inizierò anche io…
Bahia se vogliamo fare un parallelismo è un po’ come il nostro salento, il gargano o la sicilia…
Salvador, il capoluogo, è stata associata a Napoli. Studi universitari hanno dimostrato con testimonianze fotografiche quanto e come queste due città così lontane siano in realtà così vicine.
Salvador de Bahia è un centro importante, è tra le città del Brasile quella con la più forte impronta africana, in termini di cultura e usanze. Questo patrimonio include le pratiche di sincretismo religioso di origine Yoruba del Candomblè, le arti marziali note come capoeira, le musiche e gli strumenti di tradizione africana.
Oggi la città di Salvador è una metropoli che sta cercando di affermarsi anche nel campo dell’architettura e del design.

Diversi e importanti sono gli artisti e gli architetti che hanno scelto questa regione per raccontare e portare avanti la loro esperienza, un meraviglioso intreccio di culture che porta a straordinarie storie.
In questo momento per esempio questi importanti personaggi stanno raccontando la loro storia, e non solo, si stanno confrontando e rapportando con più di 4500 studenti della facoltà della UNIRB, facoltà regionale di Bahia.
Questo evento è N Design 2013 dal 21 al 28 luglio.
Si tratta di un incontro annuale tra studenti e professionisti del settore dell’architettura, del design e dell’arte. Il più grande evento di Design in Brasile e uno dei maggiori dell’America Latina.
N DESIGN è prima di tutto un incontro, di persone, di idiomi, di esperienze e di memorie...
Professionisti che si mettono al livello degli studenti attraverso gli appuntamenti delle “mesas redondas”, dove i primi sono disposti tra il pubblico e tutti i presenti hanno pari diritto di parola durante l’incontro. L’intenzione è proprio quella che tutti espongano il loro punto di vista sopra un tema discusso e che partendo da un confronto di idee ne possano sorgere delle nuove.
Verranno poi realizzati i classici workshops, le officine di lavoro dove si scambiano conoscenze pratiche, sfilate, lezioni speciali dei diversi ospiti della manifestazione. Tra questi se ne possono citare alcuni: il designer Bruno Porto, il designer grafico Marcos Beccari, il grafico e disegnatore animato Rafael Ancara, lo storico e filosofo Alexandre Costa, il pioniere del design Ari Rocha, il fisico ambientale Josè Miranda, lo specialista del design grafico Eddy Lago, la disegnatrice Teresa Franqueira specializzata in design sostenibile, la sociologa Adriana Pinheiro, lo studio baiano AP 303, lo specialista in design strategico e gestione Mario Bestetti, creatore anche dello IDS istituto del design sociale, l’illustratore Tiago Hoisel, il visual designer Fernando Pj e molti altri ancora.

Questo i link dell’evento http://2013.ndesign.org.br/ http://vimeo.com/69931845

Tra gli invitati citati sopra si potrebbe approfondire il discorso sull’architetto e designer Mario Bestetti. Il quale, come anche altri, insieme al suo studio Overbrand design collabora con il SEBRAE. Un ente governativo che finanzia le piccole e medie imprese che si cimentano nella realizzazione di progetti che sostengono e migliorano la vita delle comunità. Queste, hanno già sulle spalle una profonda conoscenza e manualità nel processo di artigianato ma non hanno la maestria né le capacità per essere competitivi sul mercato. Qui entrano in gioco le imprese come quella della Overbrand, dove insieme alla comunità cercano di capire come migliorare la qualità degli oggetti che producono, creando nuove linee, nuovi oggetti, sempre utilizzando le loro conoscenze, insomma un vero e proprio studio strategico!
Di seguito i link dove è possibile approfondire tutto questo: 

Lisa Pieri     

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VIENNA | Capitale della bellezza e del gusto. Restaurant Steirereck – Meierei im Stadtpark

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Tra le capitali europee, culturalmente più attive e vivaci, Vienna occupa un posto speciale e di prim'ordine.
La città imperiale, sontuosa, snob e fredda, ma in realtà tutta da scoprire, ha saputo, ormai da molti anni, guardare al futuro, reinventando ed organizzando i suoi spazi, inglobando nel tessuto urbano storico nuovi poli museali e centri per attività culturali di tutti i generi. Questo processo è tuttora in crescita ed interessa sia il centro città, che i quartieri periferici, in cui continuano ad aprire battente studi, negozi e centri pulsanti della scena culturale austriaca ed internazionale.
Vienna è tutto questo e molto altro, e una breve gita fuori porta per visitarla non può certo esimersi da una passeggiata, che comprenda un percorso articolato tra i quartieri Innere Stadt, il centro storico vero e proprio, Leopoldstadt, Landstrasse, Mariahilf e Neubau, il quartiere degli artisti, famoso per i tanti negozi e studi di design, e diciamocela tutta, nemmeno da un pranzo degno di questo nome!
Così, dopo avere visitato la Stephansplatz, il Museums Quartier, l'Hofburg e i suoi cortili interni, il Palazzo della Secessione, esserci spinti fino al Danubio, appena fuori dal centro, aver passato pochi minuti di relax in una caffetteria, che è anche negozio di arredi, e chi più ne ha, più ne metta, abbiamo finalmente dato ascolto alla nostra pancia!
Steirereck-Meierei, Stadtpark, Vienna
All'interno dello Stadtpark, parco cittadino molto frequentato, sorge da anni lo Steirereck, affermato e ricercato ristorante. E' possibile scegliere la formula del ristorante vero e proprio, certamente più lussuosa, o concedersi una piacevole pausa seduti al piano inferiore, ai tavolini del Meierei, la cosiddetta latteria, che non ha niente da invidiare al ristorante, e che propone, nella sua splendida e luminosa location, oltre ad alcuni piatti tipici della tradizione austriaca, una selezione di oltre 150 tipi di formaggi e vari altri prodotti, derivati del latte, magistralmente combinati dallo chef Heinz Reitbauer. 
Meierei, Stadtpark, Vienna

Meierei, Stadtpark, Vienna
I piatti, tutti degni di nota, sono apprezzatissimi per la qualità degli ingredienti e per la presentazione. Il Meierei accoglie i suoi clienti sin dalla mattina con eccellenti colazioni e rimane aperto fino al tardo pomeriggio. Lo Steirereck, invece, resta aperto fino a tarda sera.
La filosofia dello Steirereck-Meierei è riassunta bene in questo breve testo, che appare sul suo sito ufficiale:
Ognidue o tre mesiil nostroteam di cucinavisitaalcuni dei nostrifornitori più importanti. Questo ci permettedi conosceregli ingredientie le persone che li producono,e, allo stesso modo, i nostrifornitoriscopronocome i loroprodotti vengono utilizzatiin cucina.Questo scambioè stimolanteed eccitante perentrambi i lati.Molte delle ideesviluppate alloSteirerecksono il risultatodiretto dellastretta connessionecon i nostri fornitori.
Meierei, Stadtpark, Vienna

Meierei, Stadtpark, Vienna
Intenti a degustare i piatti scelti, ed estasiati dai profumi, dai gusti e dalla moderna eleganza del luogo,  abbiamo inserito questo ristorante, tra i nostri preferiti! E progettiamo di tornarci, appena possibile!
Meierei, Stadtpark, Vienna


Per ulteriori informazioni ed indirizzi utili:
http://steirereck.at/en

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Stavolta, non vogliatecene, ma ci siamo rivolti al web e alla pagina facebook dello Steirereck per molte delle foto presenti nell'articolo, perchè esaltati dalla bellezza, dal design dei piatti e dai sapori, abbiamo dimenticato di farcele da noi!

   Martina Giustra 

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SECRET CITY LIFE | Porto Cesareo. Voce del verbo "A-mare"

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Nota ai lettori: la lettura di questo articolo è altamente sconsigliata ad un pubblico di poveri lavoratori sfruttati già tornati nel freddo tipico degli uffici della Milano d’Agosto.

Oggi vi racconto di un angolo di paradiso, purtroppo non troppo nascosto come vorrei. Affacciato sulla costa ionica, nascosto dai venti della tramontana e protetto dallo scirocco, Porto Cesareo è una delle mete marinare più ambite del Salento.


Negli ultimi anni ha subito un boom notevole e sono tanti oggi i turisti che ne affollano le spiagge coralline. Ma io qui, ci sono nata, vissuta e cresciuta e posso dirvi che è davvero molto di più di quanto si possa raccontare.

Chiariamoci: qui non si va per la vita notturna, se volete far serata vi tocca spostarvi nella vicinissima Gallipoli. Io ci vado essenzialmente per due grandi motivi: salutare mia nonna che si fa ben 6 mesi su queste coste e ritrovare me stessa contemplando il tramonto.

Qui il sole tramonta tardi, ore 21:30 circa… e mi piace stare a mollo sul bagnasciuga a fotografarlo fino allo sfinimento. Una volta sono riuscita a contare quasi 300 variazioni di colore in quella palla infuocata che si spegne nell’acqua.



La spiaggia si estende per chilometri ed è composta di microgranuli bianchi e morbidosi. Lo scrub gratuito è assicurato. Io mi “strico” (leggasi strofinare con molta forza) per ore. La sabbia candida riflette i raggi solari donando alla propria abbronzatura un tocco in più. Per i più bianchi consiglio un bagno nella protezione solare 50 prima di esporsi al sole e durante la giornata.





Ah, non vi ho parlato dell’acqua. Avete presente una bottiglia di acqua Sant’Anna, la più pura delle acque? L’acqua di Porto Cesareo è molto più trasparente. Ci sono giorni che è congelata, giorni che invece è bollente, tutto dipende dalla corrente. Ci sono poi giorni che c’è bassa marea e la spiaggia emerge dalle acque. M’incanto e m’illumino d’immenso quando mi sveglio la mattina presto e mi bevo il caffè davanti a cotanta bellezza.

Se vi capita di passare la vostra giornata a mollo nell’acqua, vi consiglio di immergere le vostre manine nella sabbia sotto di voi, la possibilità di acchiappare una gustosissima tellina è molto alta. No, dai non ditemi che non conoscete questo fantastico e squisito frutto di mare prelibato…

Il paesino non offre un granché, a parte un ottimo mercato del pesce e qualche carretto di frutta e verdura di stagione e a kilometro zero. 



Tuttavia c’è un buon posto per farsi una magnata di pesce come si deve: Ristorante Albergo Fratelli Falli. Consiglio un antipasto di mare rigorosamente crudo, un piatto di spaghetti con le vongole assolutamente in bianco, una frittura di moscardini freschi e parecchie bollicine per accompagnare il tutto.  Il prezzo è onesto: una trentina di euro e passa la paura J. Il ristorante esteticamente non è questa gran sciccheria… tuttavia la simpatia dei camerieri, insieme al cibo eccellente, ne fanno il mio ristorante preferito nella zona.



Dove dormire? Consiglio vivamente l’affitto di una delle casine disponibili al villaggio “scalo di furno”. Non si tratta di un villaggio nel senso classico del termine. Tutt’altro. È un semplice agglomerato di case (palafitte sull’acqua rende meglio l’idea). Chiaramente dovete muovervi con larghissimo anticipo, un anno forse può bastare e per risparmiare soldi e nervosismo, vi consiglio caldamente di scegliere maggio o settembre per le vostre ferie. 

PS. Se riuscite ad accaparrarvi una delle casine con affaccio sul mare, bussate alla porta della signora Enza. Mia nonna vi accoglierà con un sorriso, qualche peperone ripieno e due-trecento graffe.

PPS. Secondo voi, da dove sto scrivendo? 

Margaret Anderson 
 
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WHO ARE YOU | Matteo Angelino, rompere le regole

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Matteo Angelino, nato a Casale Monferrato il 02/11/1976. È lui il fotografo di oggi su cui si focalizza la rubrica Who are you
© Matteo Angelino
• Chi sei?
Vivo a Valenza in provincia di Alessandria, laureato in Informatica nel 2003, faccio il programmatore in una piccola software house da 5 anni.
Precedentemente ho lavorato a Torino come consulente e in Università come tecnico di laboratorio.
Fotografo principalmente per passione, utilizzo una reflex digitale pieno formato prevalentemente con obiettivi fissi (25-35-50 e 85) una una Leica M6 a telemetro. Negli ultimi 2 anni sono tornato prevalentemente alla pellicola BN (che sviluppo personalmente).


• La prima cosa a cui pensi appena sveglio?
Se é un giorno infrasettimanale che dovrò andare a lavorare e non potrò far fotografie. Se é un giorno festivo che lo dedicherò interamente alla fotografia.

• Di cosa hai una scorta?
Rullini bianco e nero, principalmente kodak Tri-X.
© Matteo Angelino
• Una parola o un'espressione che ami? E una che odi?
Nessuna in particolare da amare e nessuna in particolare da odiare.

• Di cosa hai bisogno per essere felice?
Sapere che presto partirò per un viaggio, che sia a 10 ore di volo e 15 munti di macchina.

• Un politico, una popstar o un artista che ammiri particolarmente vari motivi?
La politica la passerei, non é bello generalizzare, non si può dire siano tutti uguali. Sicuramente anche in questo particolare frangente storico ci saranno molte persone capaci in mezzo a questa marmaglia, almeno é quello che voglio credere. Penso però che la politica sopratutto in Italia si sia davvero ormai troppo allontanata dalla vita reale e dai cittadini.
Se dovessi elogiare qualcuno, visto anche la vicinanza con il suo compleanno spenderei due parole su Nelson Mandela, benché in parte il suo sogno e quello per cui ha dedicato tutta la vita sia stato schiacciato da società sempre più avide solo di denaro, rimane un icona e una speranza per un mondo migliore.

Popstar, citerei Tom Yorke, leader dei Radiohead, per la capacità che hanno sempre avuto di rinnovarsi, perdendo vecchi fa e acquistandone di nuovi, ma sempre coerente nel seguire un suo personale percorso artistico.

Artista, anche se non vorrebbe mai farsi chiamare così, vorrei citare Gianni Berengo Gardin, da sempre uno dei miei fotografi preferiti, per il modo con cui ha raccontato e continua a raccontare le storia della societá italiana. Un uomo eccezionale anche nella sua semplicità.
© Matteo Angelino
• Il luogo più importante di casa tua?
La camera oscura.

• Tre posti dove dove non sei mai stato e che vorresti vedere?
Giappone, Israele/Palestina e San Francisco.

• Pensando all'Italia, qual è la prima cosa che ti viene in mente?
Quanto si mangia bene, qualsiasi regione o cucina si scelga.
© Matteo Angelino
• Quale città d'Italia ti attrae per il suo ambiente creativo?
Nessuna in particolare, ogni grande città che offre opportunità, ma se dovessi scegliere direi Roma, per la sua storia, i suoi scorci e la sua posizione centrale.

• Cosa volevi fare a 14 anni?
Il programmatore di videogiochi.

• Cosa non indosseresti mai?
Un borsello.
© Matteo Angelino
• Che cos'è per te la creatività?
Fare ciò che ti passa per la testa senza preoccuparsi di preconcetti o di cosa diranno gli altri. Rompere le regole.

• Da cosa trai ispirazione per i tuoi progetti?
Da quello che mi circonda. Vorrei solo raccontare cosa vedono i miei occhi per le strade e i luoghi che attraverso, per svago o per lavoro.
Non ho la presunzione di essere un artista. Vorrei solo essere testimone della mia epoca. I miei progetti partono dalla banale (che poi non é) quotidianità.

• Che definizione hai per la fotografia?
Trovo che la fotografia sia il più "vero" di tutti i "falsi" mezzi espressivi che l'uomo ha costruito nella sua storia.
© Matteo Angelino
• Qual è il posto dove riesci a trovare più idee?
Non ho un posto in cui riesco a trovare le idee meglio che un altro. Sicuramente un posto che mi ispira l'abitacolo dell'auto durante i viaggi a media distanza, sopratutto in autostrada.
Nei tragitti solitari, con la giusta musica si riescono a focalizzare bene le idee che si vorrebbe realizzare. Poi, metterle in pratica naturalmente é tutta un'altra storia.

• Che cos'è per te il lusso?
Poter lavorare seguendo solo le proprie idee, senza dover sottostare ai canoni del mercato o ai capricci dei committenti.

• Un film recente che ti è piaciuto? Perché?
Ultimamente ho visto pochi film nuovi, mi sono concentrato sulle serie tv. Una in particolare The Big Bang Theory, che mi ha riportato indietro di una quindicina d'anni ai tempi dell'università, delle serata passate con gli amici in eterne sessioni di hacking. Anni spensierati di studio in cui il tempo sembrava scorrere diversamente, sicuramente più lento.
Durante gli anni dello studio non avrei mai pensato un giorno di avvicinarmi così tanto alla fotografia, anzi, devo constatare come proprio manchino le fotografie di quegli anni, a parte le classiche cartoline scattate durante le vacanze. Così perché é un prodotto ben fatto e perché mi ha riportato ad un mondo che mi é appartenuto ma che oggi mi sembra tanto lontano é la produzione cinematografica che maggiormente ricordo in questo momento.
© Matteo Angelino
• L'ultimo libro letto?
La mia fotografia, di Grazia Neri.

• Una colonna sonora delle tue giornate?
Ad oggi Coexsist degli The xx, musica tranquilla e rilassante che mi aiuta a liberare la testa dalla stress e a concentrarmi su ciò che davvero mi interessa.

• Un sito che tutti dovrebbero visitare?
Sicuramente www.matteoangelino.com sopratutto quando mi ricordo di aggiornarlo. A parte gli scherzi.
© Matteo Angelino
• Cosa o chi consideri sopravvalutato oggi?
L'insopportabile corsa al mega.

• Un aneddoto indimenticabile legato alla tua attività?
Un paio di anni fa, ero a Casale Monferrato, vicino a dove abito. Mi ero fermato in un bar lungo la via centrale, un bar tutto bianco con delle belle vetrate. Intanto che prendevo un caffè al tavolo, osservavo chi mi circondava per vedere se potevo portare via qualche scatto interessante. Avevo dietro la mia Leica M6 con il 35mm. Non ricordo neppure se avevo scattato o meno. Al momento di pagare, mi fermo alla cassa e il barista mi chiede se quella che avevo al collo era una Leica, alla mia risposta affermativa mi chiede se può vederla un attimo. Gliela passo e dopo un primo istante di meraviglia si rabbuia in viso e mi dice "Ma non ha il monitor", porgendomi la macchina per farmi vedere. Alla mia precisazione che la macchina é a pellicola, me la restituisce quasi schifato.
Questa cosa mi ha sempre fatto ridere e riflettere, su quanto il digitale (comodissimo e che uso spesso) sia un innovazione positiva o meno sulle nuove generazioni di fotografi.

• Con chi ti piacerebbe lavorare?
Avere l'onore di poter condividere una giornata con Gianni Berengo Gardin, penso che non scatterei neppure una fotografia. Vorrei solo poter osservare come si muove, come lavora come cerca lo scatto giusto.
© Matteo Angelino
• Cosa provi quando rivedi alcuni progetti di due o tre anni fa?
Trovo sempre interessante andare indietro a vedere il tipo di fotografia che facevo alcuni anni fa, sopratutto le foto che non avevo pubblicato o che erano rimaste li nel dimenticatoio.
Con occhi nuovi si trovano sempre sorprese interessanti. Poi devo dire che benché trovi molte foto che forse oggi non scatterei più, trovo anche delle foto fatte con uno stile che magari avevo lasciato perdere e che invece mi accorgo di voler portare avanti oggi.

• L'ultima cosa che fai prima di dormire?
Chiudere il libro che sto leggendo. Qualsiasi ora sia e per quanto sia stanco mi concedo sempre alcune pagine del libro che sto attualmente leggendo.

• Progetti per il futuro?
Completarne almeno uno di quelli in corso.
© Matteo Angelino
• Link dove è possibile vedere quello che fai o dove seguirti?

• Una frase o un pensiero per concludere l'intervista?
Concluderei citando ancora una volta Gianni Berengo Gardin, il quale ci rammenta sempre che non esistono belle foto, ma solo buone foto. Lo scopo di tutti quelli che si dedicano alla fotografia in modo amatoriale o professionale dovrebbe essere quello di cercare la famosa buona foto. Quella che rimane.

Roberto Arleo    

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ALLESTIMENTO | Sam Durant. La stessa storia. MACRO

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La Sala Bianca al primo piano del MACRO, divisa in cinque ambienti continui, ospita “La stessa storia”, prima esposizione personale presso un’istituzione pubblica italiana, di Sam Durant curata da Bartolomeo Pietromarchi. Dentro spazi completamente bianchi è il nero, colore simbolo del movimento anarchico, che risalta ed esalta il senso stesso della mostra. Il nero di alcune opere o di bandiere utilizzate come sfondo per altre opere rigorosamente bianche.

Un solo elemento rosso conclude la mostra: una poltrona per “The Catastrophe of Liberation”: opera nata dalla riflessione sulla pena di morte e sulle sue implicazioni politiche e sociali. L’artista vede la pena di morte apertamente inefficace e di carattere disumano.
Sam Durant. Upside down pastoral scene. (2001)
Sam Durant, artista multimediale americano attivo a Los Angeles e tra i più significativi protagonisti della scena artistica contemporanea internazionale, concentra la sua ricerca, da sempre, su tematiche sociali, politiche e culturali proprie della storia americana – dal movimento per i diritti civili alla musica rock del sud –, ma è anche legata alle tragedie politiche e sociali che attraversano la società contemporanea. Di recente si è inoltre interessato alla storia italiana, in particolare alle vicende del movimento anarchico attivo in Italia alla fine del XIX secolo.
Sam Durant. The Catastrophe of Liberation. (2013) © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
Sono presenti opere precedentemente esposte, progetti più recenti e nuovi lavori. Le opere per questa mostra - alcune realizzate appositamente per il MACRO come "Action Smashes, though only for a moment…" e The Catasthophe of Liberation” - sono dedicate totalmente alla storia del nostro paese, in modo particolare a quella del movimento anarchico e ai principali avvenimenti sovversivi, di ribellione e di dissenso che l’hanno scandito.
Sam Durant. Action Smashes, though only for a moment… (2013). © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
In fondo, sull’ultima parete minore del primo ambiente, “Look Bach, Wall (St.) Text” riporta parte del testo di un volantino diffuso da anarchici italiani suguaci di Luigi Galleani, emigrati negli Stati Uniti, come lui. L’opera presenta riferimenti divergenti e a volte contrastanti: il messaggio anarchico anti-istituzionale di violenza e distruzione è realizzato utilizzando lo stesso carattere tipografico del logo della Goldman Sachs, banca americana d’investimento multinazionale. E’ inoltre prodotta utilizzando la tecnica dello stencil che evoca il graffitismo e la street art.
Sam Durant. Look Bach, Wall (St.) Text (2009). © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
Sulla parete maggiore della seconda stanza, sei bandiere nere, simbolo del movimento anarchico prima di quello fascista, mettono in risalto altrettanti busti bianchi, che generalmente, presentano i caratteri tipici del “non finito”, come scelta dell’artista di non sforare i costi e i tempi massimi previsti per la produzione del progetto. Sono i principali protagonisti del movimento anarchico italiano, attivo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo: Errico Malatesta, Francesco Saverio Merlino, Renzo Novatore, Marie Louise Berneri, Gino Lucetti, Carlo Cafiero. Insieme ad alcuni contenitori incisi con celebri citazioni anarchiche, che richiamano quelli utilizzati dai membri del movimento per il trasporto di dinamite, fanno parte di “Propaganda of the Deed”.
Sam Durant. Propaganda of the Deed. (2011).
Tutti i pezzi dell’opera, scolpiti con marmo bianco di Carrara da artigiani locali, prendono in esame la storia sociale, politica ed economica di Carrara, in cui si intrecciarono emblematicamente gli sviluppi del movimento anarchico, diventandone uno dei centri italiani principali e il soverchiamento dell’assetto economico locale da parte di potenti interessi commerciali e la conseguente depauperazione ambientale. L’opera affronta anche criticamente la questione dell’autorialità, del lavoro e della manodopera nella produzione artistica contemporanea e formalmente, nei busti non finiti, anche l’incompiutezza dei fini delle attività e delle azioni del movimento.
Da non perdere!

MACRO
Via Nizza, 138 - Roma
Dal 23 aprile – 08 settembre 2013Da martedì a domenica dalle 11.00 alle 19.00

Fiorella Bonifacio    

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LIBRI ILLUSTRATI | Pink Attitude di Erica Mannari

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Due occhioni spalancati presi dai manga giapponesi, a cui aggiungiamo un ammiccamento insegnato da Dolores Haze, la protagonista di Lolita di Kubrick, scegliamo dalla palette di colori il rosa più acceso e lo facciamo decantare in delle tinte più soft, terminiamo con un po’ di nero, giusto un pizzico.

Ecco la ricetta servita per realizzare Pink Attitude, un catalogo d’arte e la presentazione di un movimento artistico tutto al femminile. Grafica, disegno, illustrazione e fotografia sono le forme artistiche in cui si cimentano ventitré artiste di differenti nazionalità con un background sempre diverso che guida le scelte espressive a volte anche lontane tra di loro.
Enrica Mannari, illustratrice e capitano” di Pirati & Sirene: il magazine che racconta le passioni della Costa degli Etruschi, in questo volume colorato e divertente grazie alla cura grafica di Anna Puorro, presenta un mood artistico: il rosa.

Le ventitré artiste sono presentate perché ognuna, a suo modo, risponde a quelle peculiarità che si riconoscono nell’attitudine al rosa. La Mannari ha sentito il profumo del rosa in questo bouquet variopinto, ogni nota di colore ha quel tocco che è riconoscibile, che è stato preso in prestito dai cartoni animati struggenti e pieni di censura di cui sapevamo non avremmo mai visto la fine, ma che regolarmente ci distoglievano dai compiti pomeridiani. Richiama le prime riviste patinate dove capivamo poco i consigli che ci venivano proposti, ma che ci affascinavano per i ghirigori, tutto questo è rimasto nel nostro immaginario. Riconoscerlo ci fa sentire sicure.
Artiste che sembrano diverse tra di loro si sono potute affiancare.
Candybird con photoshop ricrea l’atmosfera dell’acquerello e della china, le sue donne sono ancora bambine malinconiche e sexy, l’artista francese gioca con i colori tenui e delicati per rappresentare una femminilità naturalmente maliziosa.

Le figure femminili di Arisu, invece, sono più forti, Arisu con la fotografia digitale richiama il maestro Ray Ceasar e affronta i tabù delle sue protagoniste coprendogli lo sguardo, come se quella minima protezione fosse sufficiente a mascherare una vergogna che non necessita di esistere.

Si può giocare fino a quando non si viene catapultate nel mondo degli adulti. Eleonora Antonioni, ha un tratto fondamentalmente più duro legato al fumetto, il nero qui è imperante e gli accenni gotici sono frammentati ma sempre presenti, dai suoi lavori arriva una musica forte e aggressiva, che si sentiamo diversa nei lavori di MijnSchatje, l’artista più famosa tra quelle presentate in questo lavoro editoriale.
Francese con sangue spagnolo e olandese, e un occhio sempre rivolto al Sol levante, Mijn Schatje nel 2008 ha lavorato per Fornarina che ogni anno sceglie un’illustratrice e rende i suoi lavori il simbolo di una stagione e, come era accaduto con Miss Van nel 2006, Mijn Schatje è diventata famosa in Italia grazie alla moda; nel 2009 David Vecchiato la porta al MADRE di Napoli per l’Urban Superstar Show, assieme ad artisti come Gary Baseman, Glenn Barr e Joe Ledbetter, nel 2010 ha la sua prima personale in Italia presso la Dorothy Circus Gallery a cura di Alexandra Mazzanti e nel 2012 ha proposto da Mondo Bizzarro Gallery una nuova evoluzione dei suoi lavori con l’acquerello.
Le ventitré artiste di Pink Attitude sono vicine a un immaginario che fa parte della cultura mediatica occidentale perturbata e arricchita dal Giappone, riscoprono forme classiche e ansie ottocentesche per riadattarle con nuove tecniche grafiche, sono promettenti artiste e scoperte nel 2008 dall’occhio attento con lente rosa di Enrica Mannari che abbiamo ritrovato su magliette e sulle pareti delle gallerie e dei musei e che vedremo ancora, perché il rosa evidenzia la loro bravura.

Erica Mannari sul sito www.piratiesirene.it

Enrica Mannari, Pink Attitude The Contemporary Female Creativity, Edizioni Happy Books, pag. 218, € 30

Rossana Calbi 

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FASHION | Sonia Rykiel, Poor Boy Sweater

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Può un semplice maglione passare alla storia? Sì, se parliamo di Sonia Rykiel, la designer francese, che all’alba dei suoi 83 anni continua a dettare tendenza.

È così che un capo nato circa cinquant’anni fa viene reinterpretato dall’estro creativo di Geraldo da Conceiçao.
Siamo nel 1962, quando una ancora sconosciuta Sonia Rykiel inventa quello che prenderà il nome di “Poor Boy Sweater”, un semplice maglione dal design innovativo, aderente, coloratissimo e dalle maniche lunghissime.

Da qui parte l’avventura di una designer che è diventata leggenda, premiata lo scorso anno con il riconoscimento di Commandeur des Arts et des Lettres e con la Grand Médaille de Vermeil della città di Parigi.
A lei si deve il termine «démodé» entrato ormai nel lessico quotidiano di ogni appassionato di moda e non solo.

«Ho immaginato una donna, non ero io, né mia figlia, né le mie nipoti, né le mie sorelle, né le mie amiche – ha dichiarato la designer - Una donna speciale, sfacciata ma libera. In lei c’era tutto ciò che amavo. Ho inventato una maglia così stretta, così accostata al corpo, che WWD la definì The Poor Boy Sweater, consacrandomi regina del knitwear».

Nasce così il pullover che ha accompagnato generazioni di donne. A righe, ricoperto di paillettes o di strass, con inserti di pizzo o in versione sexy con piccole trasparenze: sono tante le versioni in cui è stato declinato il Poor Boy Sweater.

Ora Geraldo da Conceiçao sceglie proprio questo capo per il gran finale della sfilata che presenta la collezione autunno-inverno 2013/2014, la prima che lo vede come direttore creativo della maison.
Maglie sapientemente costruite sulla silhouette femminile in un gioco di colori e grafiche a incastro che ripercorrono e rendono omaggio al DNA di Sonya Rikyel.

Una ventata di allegria anche per gli inverni più grigi.

Claudia Ricifari  

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DIARY 2.0 | Questo era bello - 02

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© brunifia
Apro la sella dello scooter e tiro fuori il casco del passeggero.
Me la immagino mentre percorre quei pochi metri che la portano da me.
La strada è in discesa e lei, come una goccia di pioggia, scorre lentamente, fermandosi ad ogni piccolo ostacolo per raccogliere l’acqua della scia e superarlo.
Arriva allegra, bagnata d’amore, affascinata, mi sente, la sento vibrare.
Appena in sella infila la mano sotto la maglia per toccarmi.
Ebetitudine.
Non si stringe ha paura della moto.
Ma le sue mani mi girano sul petto, sulla pancia ed io vorrei girarmi e baciarla.
Possiamo stare insieme 20-30 minuti e in questo tempo dobbiamo raggiungere la stazione.
Non corro e sento solo lei.
La sento addosso, dentro, la sento che ride, è felice.
Non siamo due adolescenti, abbiamo molto vissuto, tanto da non credere più, e lei più di me che forse non ho mai vissuto.
E’ presto, ci possiamo fermare 10 minuti al Colle Oppio.
Come due ubriachi camminiamo dondolando e poi semirigidi.
Intorno bambini e tutto quello che ci deve essere in un parco primaverile subito dopo l’uscita da scuola.
Il tavolo pronto per il compleanno di un piccolo, le giovani colf a passeggio col fidanzatino, le mamme severe pronte al richiamo e dimentiche di essere donne, e giù, in fondo, all’ombra, un baretto all’aperto che ospita gli sguardi curiosi dei più anziani.
Panchina un po’ all’ombra davanti alla fontana. Tutti ci possono guardare, chissà quanti ci guardano.
Noi ridiamo.
Io allungo le gambe.
Silenzio, uno sguardo, ci baciamo.
Parliamo di noi prendendoci in giro, ridiamo.
Io cerco di occupare lo spazio nel parco, di fare una parte muovendo le gambe o piegando il busto in avanti e poi indietro. Lei attaccata a me.
Ci accarezziamo le labbra, io le sue con le mie, lei le mie con le sue.
Lei mi attira a se, vicino, mi stringe e mi bacia. E’ la prima volta.
L’acqua continua a uscire dalla fontana, la gente, che non vediamo più, seguita a muoversi.
Il tempo ha continuato a scorrere... Orologio, alle 16,28, binario 19, non posso stare molto.
Andiamo allo scooter, infiliamo i caschi ancora un bacio, le cammino con le mani sui pantaloni.
E’ difficile staccarci e allora parliamo degli impegni della giornata, per staccarci, per tornare.
Non l’accompagno sino alla porta della carrozza, un ciao brusco e improvviso, uno sguardo gentile, complice e via, treno di qua, scooter di là.
Abbiamo trasformato il tempo, prima l’abbiamo moltiplicato in un altro elemento fatto di gioia, intensità e allegria, e poi l’abbiamo ridotto, accorciato fatto a pezzi quasi l’abbiamo annullato.
E’ durato troppo poco.

Mitico    
© brunifia
Ti ho scritto: che bello. Hai scritto: questo era bello? Anche e non solo. Dimenticato una piccola cosa. Non lo sai, non puoi sapere. Neanche io. Colto sorpresa. Emozione forte. Dita delicate. Sul Viso. No carezza. Solo tocco. Scivola piano. Ora qui ora lì. Tentennare. Vanno piano. Come un bambino. Appoggiano, ma non si fermano. Sfiorano. Titubanti. Scoprono. Come un cieco che non sa la strada. Percepire che ci sia. Percepire la pelle. Conosciamoci. Conoscersi. Come un cieco. Cercano contatto. Polpastrelli. Immaginazione. Non dormo. Mi rigiro. Disagio sms. Domanda. Perché obsessionato? Definizione scomoda. Non mi piace. Vedere mancanza. Cercare mail. Non tace. Dona. Levo lenzuolo. Ci sarà. Attesa. Frenesia. Era questo bello? Trovato. Ti bevo, lungo... quanto hai scritto? tanto... poi rileggerò. Dopo. Primavera sorprendente. Un secondo, un occhio, un pezzo di baffo che sorride, una coscia strofinata. Accaparro tutto in un solo momento. Sono sazia, ora. Pochino, anzi tanto, non lo so. BOH.

Tempra    

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DESIGN PER BAMBINI | Piccoli mobili pret à porter

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C’è chi inizia l’anno a Gennaio e chi, invece, festeggerebbe il primo di Settembre. Saranno reminiscenze di gioventù e del tempo passato sui libri; di sicuro l’anno scolastico scandisce la vita di molti, adulti o bambini che siano.

Il rientro è spesso però anche un pretesto per qualche cambiamento nell’ambiente domestico, magari assecondando la crescita dei bimbi e le conseguenti esigenze che mutano nel tempo.
Restando in tema di back to school, allora, perché non rinnovare la cameretta o l’angolo studio con qualche prodotto ad hoc?

Se amate il vintage, i colori polverosi e in fondo avete un po’ di nostalgia dei banchi di una volta, con il brand francese Les Gambettes c’è da sbizzarrirsi.
Il marchio, nato un paio d’anni fa a Parigi, rifà il look ai classici mobili da interni, come tavoli e sedie, puntando su un’estetica che ricorda più l’atmosfera delle sfilate di moda.
E dalla passerella ruba pattern, colori e abbinamenti, strizzando l’occhio rigorosamente agli Anni Cinquanta, da cui derivano gli angoli smussati e le tipiche forme retrò.

Arredi di design, studiati anche per i bambini, con prodotti in miniatura che ricalcano a pieno quelli in formato XL. Ecco allora le sedie Suzie e little Suzie, per bimbi dai 3 anni in su, disponibili in moltissime finiture e personalizzazioni, che spaziano dal vichy rosso fino al bon ton floreale e ai vari toni pastello.

Tutte perfettamente abbinabili con il banco Bureau d’ecolier Enfant Regine, in compensato di faggio e rifinito anche in questo caso con piano d’appoggio in più colori.
Les Gambettes ha anche un’ampia sezione di mobili per grandi, tra cui tavoli di varie forme sempre retrò e un’interessante mini collezione di set per la tavola, con tovagliette rigide che possono tornare utili, mixate sia per l’apparecchiatura di tutti i giorni, che come piano antimacchia per i bimbi alle prime armi con posate & Co.
Voglia di ritornare bambini.

Link di riferimento
www.lesgambettes.fr
it.smallable.com

Valentina Caiazzo    

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FESTIVAL MULTIARTISTICO | Le Alterazioni di Arcidosso

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C’È BISOGNO DI STREET ART, è la dichiarazione dell’edizione 2013 del festivalAlterazioni promosso dall’associazione ARTQ. Da Roma risponde la 999 Gallery con un trio d’assi: Borondo; Romeo e Sbagliato. Arcidosso, in provincia di Grosseto diventa un “museo a cielo aperto” così lo definisce l’artista Michele Guidarini, uno degli organizzatori del festival di Arcidosso, comune toscano che è stato ridisegnato con visioni e prospettive nuove anche da: JB Rock; Lucamaleonte e Cristian Sonda.

© Club Fotografico Circolo Di Confusione e Lorenzo Gallitto di The Blind Eye Factory

Le alterazioni artistiche si sono sviluppate per tutto il mese di luglio e sono esplose dal 26 al 28 in piazza Cavallotti, ai piedi del castello Aldobrandesco con la musica del partner della quarta edizione: Arezzo Wave Love Festival. Anche l’interno del castello medioevale è stato invaso dall’arte: la collettiva Uomo e natura tra spirito e follia, dominio e creazione rimarrà aperta al pubblico fino all’1 settembre. Un titolo veramente azzeccato per la mostra ospite nel paese che diede i natali a David Lazzaretti.
Rocca di David Lazzaretti, foto di Rossana Calbi

Un personaggio di tutto rispetto: scomunicato e messo all’indice dal Sant’Uffizio, finito sulla copertina dei Baustelle come il rappresentate de I Misticidell’Occidente e tra gli studi di illustri storici come Gramsci. Lombroso, invece, ne studiò le spoglie, per l’antropologo criminale la morfologia del mistico era indicativa di follia criminale ma San Giovanni Bosco ne riconobbe il valore etico e nonostante fosse riconosciuto come ribelle, gli diede ospitalità. Sull’altura più meridionale dell’Amiata, il monte che sovrasta Arcidosso, si trova una rocca costruita dal profeta della Chiesa giurisdavidica.
illustrazione di Cinzia Bardelli per Effigi
Il suo volto, intravisto sulle copertine delle pubblicazioni della casa editrice Effigi del bookshop del castello Aldobrandesco, è un mistero svelato da Cinzia Bardelli, pittrice, illustratrice, scultrice e ottima cuoca che parla del suo conterraneo con palese orgoglio mentre si affanna dando suggerimenti su come scoprire la sua terra.
Devi assolutamente visitare il Giardino di Daniel Spoerri, da ragazzina rubai dal laboratorio del liceo le ossa di un coniglio e gliele donai, lui è un personaggio fantastico, di quelle ossa ne fece un’opera d’arte. Metti le scarpe basse e vai a vedere le sue folli sculture.
Non si può rendere l’intonazione toscana e schietta della Bardelli, nella sua voce un imperativo categorico e negli occhi un ricordo di meraviglia. Quel consiglio arrivò in modo sottile ma preciso, come quando si gusta la panzanella toscana riconoscendo nella pastosità del pane la delicatezza dell’olio di quella terra.
Per visitare il Giardino di Daniel Spoerri ci si deve spostare verso Seggiano, sempre in provincia di Grosseto, nelle cui vicinanze l’artista di origine rumena, Daniel Spoerri comprò nel 1990 un terreno che trasformò in un giardino dedicato all’arte contemporanea.
giardino di Daniel Spoerri, foto di Rossana Calbi
La definizione di giardino è veramente limitante, sono sedici ettari di terra arsa dalla calura in cui si devono scoprire le sculture di oltre cinquanta artisti disseminate in questo parco aperto al pubblico dal 1997.
Iniziò la sua carriera nel mondo dell’arte come ballerino, per poi dedicarsi ala poesia, alla pittura e alla scultura e dopo aver girato mezz’Europa, Spoerri decise che la campagna toscana poteva diventare lo spazio adatto per le sculture di suoi colleghi e amici. Tra le sue molteplici attività non escluse la ristorazione passione che spiega la sua ultima opera, che ha trovato spazio nel giardino: Reperto del quadro trappola, scultura in bronzo del 2010.
Ultima delle centoquattro opere presenti nel giardino, è, in realtà, uno dei lavori vecchi di Spoerri, nel 1983 lo scultore sotterrò una tavola imbandita, un’intera tavola di quaranta metri, uno dei pezzi con i suppellettili rimasti più o meno integri è stato recuperato lo scorso anno e fuso nel bronzo. L’ex ballerino cristallizza un attimo, vive l’arte nella quotidianità, la mangia, la consuma e la ferma nel bronzo. Spoerri la definisce Eat-Art.
Un’arte consumata e trasformata in un ricordo offerto come un buon pranzo ai commensali che tra i profumi della malva e delle altre piante aromatiche del giardino dopo la scarpinata di appetito ne accumulano parecchio.
Un ricordo della creatività della cucina di quella terra la si riscopre nel blog della Bardelli, che dopo aver realizzato meravigliose terracotte e immaginato donne dalla bellezza poetica, inventa ricette che guardano alla tradizione con l’ingrediente che rende anche la sua arte unica: la genuinità.
©Club Fotografico Circolo Di Confusione e Lorenzo Gallitto di The Blind Eye Factory


Link di riferimento:
Il festival Alterazioni: www.artq.it/aterazioni-2013
David Lazzaretti su edizioni Effigi: www.cpadver-effigi.com
Gli orari di apertura del Giardino di Spoerri: www.danielspoerri.org

Rossana Calbi  

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ALLESTIMENTO | Hidetoshi Nagasawa. Ombra verde. MACRO

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"Quando il tempo si muove più adagio, un profumo attraversa lo spazio vuoto. Quando il profumo aumenta d'intensità si avvicina il tempo zero. Il tempo zero è la via che congiunge i due mondi." H.N.
Hidetoshi Nagasawa. Sala Enel.
Inserita in diversi ambienti del MACRO, la mostra "Ombra verde" – curata da Bruno Corà e da Aldo Iori, per celebrare la lunga carriera dell'artista architetto giapponese Hidetoshi Nagasawa -permette allo spettatore di muoversi all'interno del museo e di uscire fuori dagli spazi propriamente espositivi, per assaporare lentamente le sue opere, riconoscibili tra le altre, per alcuni elementi quali: materiali e colori.

Hidetoshi Nagasawa. Aquila. © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
Nella hall, pendente dalla copertura vetrata, l'"Aquila", opera leggera e quasi impercettibile, visibile alzando lo sguardo, costringe l'occhio dello spettatore all'attenzione per la sua messa a fuoco, trovandosi nella stessa traiettoria delle travi reticolari in acciaio che sorreggono le lastre di vetro e con cui si mimetizza. 

Hidetoshi Nagasawa. Selinunte – Dormiveglia. (2009) © 2013 Fiorella Bonifacio. Tutti i diritti riservati.
Accanto all'auditorium rosso fuoco, il foyer ospita "Selinunte - Dormiveglia", in cui si percepisce, per il nome stesso, più che nelle altre opere, la forte evocazione  per l'arte greca da cui l'artista è fortemente influenzato.

Hidetoshi Nagasawa. Epicarmo. (2012)
Le altre cinque opere esposte interagiscono tra loro all'interno della bianca Sala Enel.
"Ombra verde", "Yugao-Jole", "Tate No Me", "Epicarmo" e "Iride" insieme alle due precedenti, sono tra le più rappresentative degli sviluppi più recenti del suo lavoro.
Gli anni Ottanta segnano un cambiamento nel percorso artistico dell'artista. Architettura e arte si miscelano e le sue opere cambiano di scala, concretizzandosi in ambienti immersivi, capaci di sfidare le leggi della fisica e la forza di gravità.
Costantemente compresenti i due poli, Oriente e Occidente, partecipano alla definizione delle forme in un'esattezza dovuta all'equilibrio tra le parti.
Forma, materiali, equilibrio sono le tre parole chiave della mostra. Le prime due interagiscono  per raggiungere il terzo. Materiali edili leggeri ed esili, sostengono quelli molto pesanti.
Le dimensioni delle opere dialogano armoniosamente con la monumentalità della Sala Enel.

Hidetoshi Nagasawa. Ombra verde. (2000)
Marmo, legno, acciaio, ottone, alluminio, ceramica, acqua sono materiali che interagiscono tra loro per raggiungere equilibrio e leggerezza.
Così Epicarmo, cubica nella forma è composta da un parallelepipedo di 500 kg sorretto ai vertici da 200 sottilissime barre d'acciaio. Ombra verde, da cui prende il nome la mostra, è un equilibrio dato dall'incastro di alcune barre in ottone spesse e lunghe, su ci giace un contenitore di ceramica con dell'acqua. La scultura deve vivere nell'aria e non rimanere limitata nello spazio.

Hidetoshi Nagasawa. Yugao-Jole. (2005 – 2013).
Lo spettatore che visita questa mostra si trova di fronte ad un'arte spirituale.
La sensazione di piccolezza fisica, davanti alla maestosità delle stesse, induce ad osservarle da una certa distanza, quasi per non rompere quell'equilibrio, spesso labile, tanto ricercato dall'artista.
Le opere non sono accompagnate da pannelli descrittivi. La gentilissima Amel, in Sala Enel, le racconta. Il silenzio delle parole non scritte è esso stesso in equilibrio e dona all'intera esposizione il suo "fantomatico mistero."

MACRO
Via Nizza, 138 - Roma
Dal 23 aprile – 08 settembre 2013
Da martedì a domenica dalle 11.00 alle 19.00
Sabato dalle 11.00 alle 22.00
www.museomacro.org
Fiorella Bonifacio  

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MILANO | Fondazione HangarBicocca: alla scoperta del quartiere Bicocca sulle due ruote

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Pedalare, pedalare, pedalare!

Metti una domenica a Milano, la temperatura non troppo torrida, i grandi viali assolati e un gruppo di ciclisti-turisti attratti da quella parte di città, che da periferia industriale è divenuta oggi, in seguito a processi di rigenerazione, uno dei centri dell'attività culturale della metropoli lombarda.
Courtesy Fondazione HangarBicocca | Foto di Agostino Osio
Courtesy Fondazione HangarBicocca | Foto di Agostino Osio
Una proposta alternativa, quella della Fondazione HangarBicocca, fatta per avvicinare il pubblico alla storia e alla realtà odierna e post-industriale del quartiere omonimo, attraverso visite organizzate in bicicletta.
Quartiere Bicocca, HB tour 2013 | © Roberto Arleo 2013
Il quartiere Bicocca, periferia nord-est di Milano, un tempo realtà rurale, a partire dalla fine dell'Ottocento, diviene polo industriale metallurgico e centro per la direzione e per la produzione dei colossi Pirelli e Breda. A partire dagli anni '80, il quartiere subisce un processo di dismissione delle aree industriali storiche a favore di un quasi totale riassetto urbanistico.
Quartiere Bicocca, HB tour 2013 | © Roberto Arleo 2013
Quartiere Bicocca, HB tour 2013 | © Roberto Arleo 2013
Quartiere Bicocca, HB tour 2013 | © Roberto Arleo 2013
Quartiere Bicocca, HB tour 2013 | © Roberto Arleo 2013
Con la creazione di edifici universitari, centri direzionali e residenze private, che si sviluppano attorno al Teatro degli Arcimboldi, il Progetto Bicocca, avviato nel 1986, dà inizio alla riqualificazione dei vecchi stabilimenti della Pirelli e vede tra i principali protagonisti di questo nuovo periodo storico del quartiere, lo studio d'architettura Gregotti Associati.
Quartiere Bicocca, HB tour 2013 | © Roberto Arleo 2013
Quartiere Bicocca, HB tour 2013 | © Roberto Arleo 2013
Quartiere Bicocca, HB tour 2013 | © Roberto Arleo 2013
Quartiere Bicocca, HB tour 2013 | © Roberto Arleo 2013
L'aspetto interessante è la modalità in cui si svolge la visita: tante piccole informazioni, spesso preziose, dosate ogni 2/3 di pedalate, con un'accurata sosta all'ombra.
A conclusione del tour nel quartiere, è prevista la visita all'interno dell' HangarBicocca, centro d’arte contemporanea i cui spazi espositivi nascono proprio dal riutilizzo di un vecchio stabilimento della Breda Elettromeccanica, con le visite all' installazione permanente, I Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer, che avevamo già visitato, ma che ogni volta suscita stupore per i dettagli nascosti, e a quella temporaneea.
Courtesy Fondazione HangarBicocca | Foto di Agostino Osio
Il 15, il 22 e il 29 settembre riparte l'HB Tour e il percorso, con partenza prevista per le 16:00, si arricchisce con la Fondazione Pirelli e con la quattrocentesca Bicocca degli Arcimboldi eccezionalmente aperta al pubblico.

È stato bello accelerare i battiti tra le pause ricche di informazioni!


Per ulteriori informazioni ed indirizzi utili:
www.hangarbicocca.org

e per informazioni sull'HB tour e l'iscrizione obbligatoria, consultare la pagina dedicata!

Roberto Arleo e Martina Giustra

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INTERVISTA | Neirus: "L’arte sorprende. Attacca la tua fragilità attraverso quella degli altri"

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Artista campano, scoperto dalla Dorothy Circus Gallery di Roma, dal 2012 espone a Detroit e a settembre approderà in uno degli spazi che ha fatto nascere il pop surrealism. In occasione della collettiva Beer is Art, Nerius, nome d'arte di Salvatore Sorrentino, presenta il suo cuore e la sua anima assieme a quella di artisti di fama internazionale. Dal 6 al 29 settembre la coloratissima Luz De Jesus Gallery apre le porte all'arte italiana di Nerius.



• Sei un artista poliedrico, ti esprimi con raffinate velature a olio, decori toys sofisticati e usi stampe antiche come supporto per delicati pastelli. Proprio i pastelli sono il tuo ultimo approdo, cosa nasconde questa tecnica che qui in Italia è spesso sottovalutata dai critici?
Personalmente ho sempre sentito l'esigenza di fare cose diverse. Il cambiamento è quasi un bisogno fisico per me. Il cambiamento è una parte necessaria della creatività. Ho bisogno di variare il tratto, il segno, la sfumatura.
Un supporto e una tecnica diversa cambiano in un certo qual modo l'emozione che vivo. I pastelli rappresentano, per esempio, l'urgenza di esprimere qualcosa. Così come l'olio è un momento di riflessione e un messaggio più strutturato. Non è una questione di "tendenza" ma è la possibilità di esprimermi sempre in maniera diversa.  Considero comunque fondamentale il rispetto per ciascuna tecnica.
Un artista si forma intorno a un carnet di tecniche diverse e ognuna aggiunge qualcosa non solo alle sue capacità e alle sue competenze ma anche al suo potere d'espressione.
Quella dei pastelli è una tecnica antica, risalente la fine del XV secolo. In Italia in questo momento inizia prendere piede, ma è stata sottovalutata per molto tempo perché si crede che sia una tecnica secondaria. Secondo me invece in pittura tutto è una ricerca e uno studio costante.
Per quanto riguarda le gallerie, che devono, invece, relazionarsi ai collezionisti, credo che in Italia sia semplicemente una scelta di mercato. Nella nostra cultura artistica difficilmente ci spostiamo dal concetto di opera d'arte uguale "dipinto a olio".


• Sei stato scoperto da Alexandra Mazzanti, la direttrice della Dorothy Circus Gallery di Roma, descrivici il suo gusto.
Alexandra Mazzanti è una donna d'intuito e di grande gusto, basta fare un giro nella Dorothy Circus di Roma e si sogna di altri mondi.
Cosi è stato per me.
Alexandra inoltre è una persona che sa usare questi mezzi e indirizzarli nella giusta direzione. Il motore di tutto questo è la passione e la sua grande sensibilità.
Io personalmente la ringrazio soprattutto perché ha saputo indicarmi una direzione anche in momenti difficili.


• Dopo le due mostre di quest'inverno a Detroit, presenterai i tuoi lavori a Los Angeles in una delle gallerie che ha reso famoso il Pop surrelism: la Luz De Jesus Gallery. Che progetto presenterai nella collettiva losangelina in cui esporrai al fianco di artisti importanti come Dan Quintana?
Sto lavorando in contemporanea su molti fronti per mostre in Italia e all'estero.
La mostra alla Luz De Jesus, è un'occasione incredibile per un artista del movimento.
Per questa esposizione il mio lavoro partirà da una base figurativa/surreale legata, però, alle radici del sud da cui provengo.
Sono entusiasta di partecipare a questo evento al fianco di artisti internazionali che stimo ma non voglio rinunciare a dare alle mie opere un sapore nostrano.
Il mio progetto è composto da quattro lavori a olio e foglia oro (Animo, Cor, Corpus, Mens). Parla delle "indivisibilità" dell'essere umano, ma quella alla quale, ormai non facciamo più caso, perché parte è del nostro essere.


• C'è un artista italiano che secondo te esprime meglio le istanze di un movimento come il Pop surrealism che si è strutturato negli States?
Stimo molti artisti italiani, non tutti legati strettamente al mondo del Pop Surrealim, anche se principalmente stimo chi ha avuto la capacità di farsi strada in questo specifico movimento. In questo momento apprezzo particolarmente la ricerca e lo stile di Marco Mazzoni, un artista di grande sensibilità e tecnica che, appunto, utilizza per esprimere la sua arte la tecnica dei pastelli.
Ha ottenuto un grande riscontro all'estero in numerose gallerie statunitensi, probabilmente perché esiste la necessità di sconfinare da un mercato come quello italiano ancora chiuso a questa tecnica.






Rossana Calbi 

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OSPITE BLOG | Roberta Gandolfi per CoffeeBlooms

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Parlami di te?”… una domanda a cui sono sempre stata impreparata, oggi come ieri! Ed è una domanda a cui crescendo non ci si può sottrarre. Ai colloqui di lavoro poi è quella che mi preoccupava di più! Ho sempre trovato difficile parlare di se stessi e raccontarsi, perché non siamo esseri “coerenti”, ma cerebrali di cuore!
Forse è per questo che ho scelto di “parlare per immagini”.
E parlare del mio blog significa in qualche modo parlare di me.

Mi chiamo Roberta e CoffeeBloomsè una sorta di diario, dove condividere trascurabili frivolezze, che non sono indispensabili per sopravvivere ma possono valere per vivere.
Amo disegnare, leggere, correre (Maratona di New York, con calma, ma arrivo!) e non vivo senza cioccolata (rigorosamente fondente).

CoffeeBlooms nasce per fondere tutto questo con la mia altra passione, la moda!

About me
Lo stile di ognuna di noi è una forma di espressione, di creatività e quindi per sua natura gode della massima libertà.

La moda per quanto mi riguarda è solo un suggerimento, non certo uno schema da seguire religiosamente.
Per me moda e stile sono un gioco e le regole le facciamo noi, colori, linee e tessuti che regalano sensazioni e che ci descrivono.

Colori, forme e sensazioni che si possono ritrovare nelle parole di un libro, nel gusto di un buon piatto, nell’armonia di un vestito, nel tratto di un disegno, perché tutto quello che ci emoziona contribuisce ad ispirarci ed a volte influenza senza che ce ne rendiamo conto le altre nostre passioni, che per quanto possono sembrare distanti hanno sempre qualcosa in comune, perché sono nostre, e possono regalarci lo stesso piacere e la stessa soddisfazione.
E allora la moda è il mio un fil rouge.
Declino i miei pensieri, le mie ricette, il mio modo di essere attraverso il mio senso dello stile, il mio modo di vestire.

My style
E si scoprono inaspettate somiglianze ed ispirazioni…

Semifreddo cioccolato bianco e fragole
E foto ritagliate da Vogue anni 80 che sembrano leggere i pensieri…

Frasi - Free Thoughts
E quindi se le passioni alimentano i sogni e “noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni” (cit.), chissà che un giorno i miei disegni non prendano la consistenza di abiti in crepon di seta, o di gonne a ruota dal sapore vintage! Intanto io continuo a disegnare…


Roberta Gandolfi    

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